Riduzione di gas serra e crisi: l’Europa ha già quasi raggiunto gli obiettivi al 2020

La crisi economica ha portato l'Unione Europea già fin d’ora molto vicina all’obiettivo di riduzione del -20% di gas serra entro il 2020: secondo i dati di un report dell'EEA (Agenzia Europea per l'Ambiente), già ora l’Ue è ad un -17% (anche in virtù della delocalizzazione delle produzioni -e delle emissioni collegate- verso i paesi del Sud est asiatico).

A questo punto appare sensato alzare l’obiettivo ad un -30% (come peraltro richiesto da diversi soggetti industriali in Europa) per il bene del clima ma anche per il bene dell'economia.

Ma cosa dice precisamente il report (provvisorio) dell’EEA?

Che dal 2008 al 2009 le emissioni sia dell'Europa a 27 che di quella dell'UE15 sono calate del 6,9%.

Nell’ambito della UE27, per la quale sussiste l'obiettivo del meno 20% al 2020, si è cos’ arrivati ad un -17,3% rispetto i livelli emissivi del 1990; successo anche nella Ue15, che ha ridotto le proprie emissioni del 12,9% superando la riduzione emissiva del -8% che si era impegnata a raggiungere nell’ambito del Protocollo di Kyoto.

Il merito di questa diminuzione delle emissioni sta in una riduzione dei consumi di combustibili fossili (- 5,5% con una punta del - 1,7% per il carbone), nell’accresciuto ruolo delle rinnovabili nel mix energetico nazionale dei vari paesi Ue (+8,3%, biomasse escluse) ma soprattutto nella crisi economica, che determina la flessione delle emissioni ed il  rallentamento di settori produttivi ad alta intensità energetica come la siderurgia, la chimica e il cemento (nei settori soggetti all'emission trading scheme europeo -ETS- il calo è delle emissioni arriva all'11,6%).

Quindi, dal momento che la diminuzione emissiva è determinata in gran parte dalla congiuntura economica, se non si agisce adesso per rendere la ripresa il più verde possibile allora la decrescita rischia di diventare un boomerang: si rischia –cioè- che con il Pil torni a crescere anche la CO2.

Ma quanto costerebbero impegni di riduzione più rilevanti?

Secondo la Commissione Europea (nella figura della Commissaria per l'ambiente Connie Hedergaard) se prima della congiuntura economica il costo per tagliare del 20% era stimato in 70 miliardi di euro annui, ad aprile 2010 questo si era ridimensionato a 48 miliardi: sempre secondo la Commissione ridurre del 30% costerebbe solo 11 miliardi in più che puntare al meno 20% (costi che, alla luce dei nuovi dati diffusi dall'EEA, saranno con ogni probabilità ulteriormente rivisti al ribasso).

Concludendo, il report EEA porta argomenti concreti a favore dell’innalzamento dell'obiettivo senza aspettare che si raggiunga un accordo internazionale.

Se gran parte del mondo produttivo europeo e alcuni stati membri come Italia e Polonia si sono sempre detti contrari a questa eventualità, negli ultimi mesi si è allargato il fronte di chi invece vorrebbe l'obiettivo più ambizioso senza attendere: risale a luglio la presa di posizione pubblica in tal senso dei ministri dell'ambiente di Gran Bretagna, Germania e Francia, e l'appello per l'innalzamento dell'obiettivo di una coalizione di 27 grandi società.

Per alcune associazioni ambientaliste gli ultimi dati dovrebbero spingere l'Europa ad osare di più e tagliare le emissioni non del 30 ma del 40% entro il 2020 (ricordiamo che ad esempio la Scozia ha già adottato un obiettivo del -42% e la Svezia -49%).

É questa la posizione del WWF, spiegata da Mariagrazia Midulla responsabile clima e energia: "Con riduzioni già ora del 17,3% l'idea che l’Europa tagli le emissioni solo del 20% per il 2020 è ridicola, vorrebbe dire smettere di ridurre le emissioni e aspettare il 2020 a braccia conserte. Occorre innalzare l’obiettivo europeo al 40%: questo è in linea con quanto necessario per evitare pericolosi cambiamenti climatici e porterebbe enormi benefici alla popolazione e all'economia dell'Europa, offrendo un reale impulso all’innovazione tecnologica."

Riportiamo anche le conclusioni della conferenza di Cochabamba, riunitasi in Bolivia in aprile 2010 per il “World People's Conference on Climate Change and the Rights of Mother Earth”: secondo il documento conclusivo della conferenza i paesi ricchi - che dal 1990 al 2007 hanno aumentato le loro emissioni dell’11,2% - devono ridurre la CO2 del 50% dai livelli del 1990 entro il 2017.


Lo Staff di Rete Clima®