Coronavirus (SARS-CoV2) conseguenza di uno sviluppo non sostenibile e della distruzione degli ecosistemi

Coronavirus (SARS-CoV2) conseguenza di uno sviluppo non sostenibile e della distruzione degli ecosistemi

E' ormai assodato il fatto che la distruzione della biodiversità, l'inquinamento, il riscaldamento climatico comportino un'ampia serie di problematiche per l'uomo e la società, generando costi espliciti e "costi nascosti".

Un recente studio di WWF esplora le possibili relazioni tra le pandemie (come il coronavirus - SARS-CoV2) e le azioni di danneggiamento dell'uomo sull'ambiente, tra cui la distruzione e la modificazione degli ecosistemi dovuta alla penetrazione dell’uomo nelle ultime aree incontaminate del pianeta ed il commercio di animali selvatici vivi.

Lo studio, dal titolo "Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi" indaga anche circa l’origine del nuovo coronavirus, alla cui base c’è il fenomeno dello “spillover” (salto interspecifico), cioè il passaggio di un patogeno da una specie ad un’altra fino ad arrivare anche all'uomo.

Lo studio afferma anche queste pandemie non sono eventi casuali, ma sono conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali considerato che i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani sono stati alterati in maniera significativa dall'uomo, in questa era storica putroppo ma correttamente denominata “Antropocene”.

In questo contesto anche il riscaldamento climatico gioca la sua parte, dal momento che la modifica delle temperature modica habitat ed areali distributivi degli animali selvatici, i quali possono venire a contatto accidentale con l'uomo con maggior frequenza.

Se ancora non è chiara l’origine dell'attuale virus SARS-CoV2, la causa della malattia da coronavirus nel 2019 (COVID-19), è probabile che questa sia collegata al commercio (legale e illegale) di animali selvatici vivi o di loro parti: questa pratica è fonte assodata di storiche zoonosi, che ogni anno causano circa un miliardo di malati e milioni di morti.

Si stima infatti che il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute abbia gli animali come vettore primario, così come il 60% delle malattie venga trasmesso da animali selvatici.

Alle medesime conclusioni arriva anche un articolo scientifico pubblicato sulla rivista PNAS  dal titolo "Sustainable development must account for pandemic risk", elaborato con il coordinamento del dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università La Sapienza, che mette in relazione il fenomeno della diffusione delle malattie infettive con l’azione dell’uomo sulla natura.

L'articolo correla anche la diffusione del coronavirus SARS-CoV2 con una serie di episodi che hanno recentemente colpito numerose aree del Pianeta, quali la diffusione di Ebola in Africa occidentale, le Sars e H1N1, il virus Zika o la MERS.

Come anticipato, tutte queste pandemie sono di origine zoonotica, sono trasmesse cioè all'uomo da parte di animali, soprattutto selvatici.

Dall'articolo: "Circa il 70% degli EID (Emerging Infectious Diseases, cioè le malattie infettive emergenti, ndr), e quasi tutte le pandemie recenti, hanno origine negli animali (la maggior parte nella fauna selvatica) e la loro emergenza deriva da complesse interazioni tra animali selvatici e/o domestici e umani".

I focolai di queste epidemie sono stati associati a comportamenti umani, con particolare riferimento "alle alte densità di popolazione umana, ai livelli insostenibili di caccia e di traffico di animali selvatici, alla perdita di habitat naturali (soprattutto foreste) che aumenta il rischio di contatto tra uomo e animali selvatici e all’intensificazione degli allevamenti di bestiame (specie in aree ricche di biodiversità)".

Vivendo in un mondo sempre più connesso, l’insorgenza di una zoonosi è oggi però molto più pericolosa di poche decine di anni fa quando si viaggiava meno e lo scambio di merci era ridotto, con una conseguente possibilità di contagio più limitata.

L'aumentato pericolo oggi deve essere inteso ad un livello sia sanitario che economico, a causa della crisi che ci aspettiamo possa nascere da questo quadro complesso.

Concludendo:secondo il report WWF il crescente impatto umano su ecosistemi e specie selvatiche, in combinazione con quello dei cambiamenti climatici globali, indebolendo gli ecosistemi naturali facilita la diffusione dei patogeni aumentando l’esposizione dell’uomo a tali rischi.

Conservare la natura e restaurare gli habitat danneggiati rappresenta quindi uno strumento essenziale per preservare salute e il nostro benessere oltre che...uno strumento di prevezione contro futuri ulteriori shock socio-economici globali!

L'immagine a seguito mostra le possibili perdite % di PIL (rispetto ai valori 2018) a seguito di pandemia globale, così come previste nella ricerca "A World at risk" rilasciata dal Global Preparedness Monitoring Board nel settembre 2019 (scaricabile a seguito):

Che significano sicuramente perdite economiche ma anche e soprattuto perdite umane e di qualità di vita.

Lo Staff di Rete Clima