Biocarburante derivato dalle alghe: non è sempre una alternativa ecologica al gasolio

Il biocarburante derivato dalle alghe non è necessariamente un’alternativa ecologica al gasolio e alla benzina.

In teoria il ciclo sarebbe perfetto da un punto di vista ambientale: la combustione di tale carburante reimmetterebbe in atmosfera solo la CO2 assorbita dalle alghe durante il loro ciclo vitale (mentre i combustibili fossili immettono in atmosfera “CO2 fossile”, risultato dall’ossidazione di quel carbonio intrappolato nelle molecole organiche petrolifere nel sottosuolo, che un tempo erano organismi viventi) e inoltre, a differenza dei biocarburanti “tradizionali” (derivati da piante oleaginose o zuccherine), non occuperebbe spazi altrimenti destinabili all’agricoltura o ricavati a costo di deforestazione o di conversione rispetto alle culture seminative tradizionali.

Ma uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Energy & Fuels analizza due processi di produzione di biodiesel derivato dalle alghe, rispettivamente ricavato da alghe cresciute nei bioreattori o in alghe cresciute in vasche.

Lo studio pubblicato, a firma di Anna Stephenson dell’Università di Cambridge, è stato realizzato sviluppando un modello di processo per calcolare le emissioni di anidride carbonica nell’intero ciclo di produzione e raffinazione delle alghe, analizzandone le emissioni di CO2 lungo l’intera filiera.

I risultati sono molto interessanti: secondo lo studio il biodiesel prodotto da alghe accresciute in bioreattori (cilindri trasparenti, pieni di acqua) genera una emissione di CO2 pari a circa 3,7 volte quella legata alla “filiera classica” che prevede l’estrazione di petrolio, la raffinazione in diesel e la combustione finale dentro il motore di un’automobile.

La ragione di questo notevole impatto risiede nel fatto che questa coltivazione richiede una significativa richiesta di energia legata proprio al funzionamento del bioreattore (per pompare acqua nei tubi e girarli affinchè ricevano la giusta quantità di luce solare, da sommare all’energia necessaria per raffinare le alghe e trasformarle in biodiesel).

Ma se –invece- le alghe crescono in vasche anzichè nei bioreattori la logica si inverte: in questo caso, sempre secondo lo studio, le emissioni di anidride carbonica legate al ciclo produttivo sarebbero pari a meno di un quarto di quelle derivanti dalla produzione e dall’uso del diesel di origine fossile, con un ovvio vantaggio ambientale.

Resta un dubbio: nelle vasche le alghe ricevono meno luce, e quindi la produzione di biomassa algale sarà inferiore rispetto a quella ottenuta nei bireattori: il processo, sicuramente vantaggioso da un punto di vista ambientale, sarebbe ancora conveniente da un punto di vista economico?

Questa vicenda insegna che in campo ambientale ed energetico è sempre necessario analizzare le problematiche fino in fondo, evitando di prendere per buone soluzioni preconfezionate o di “moda scientifica”.

Lo Staff di Rete Clima®