Golfo del Messico: analisi sui campioni raccolti dall’Artic Sunrise (ecco la fine del petrolio rilasciato dalla piattaforma Deepwater Horizon)

Dopo quasi due settimane di ricerche l'Arctic Sunrise di Greenpeace è tornata a terra per analizzare i dati raccolti: un team di 4 scienziati indipendenti ha cercato il petrolio "scomparso" nel Golfo del Messico, con risultati meno confortanti di quelli sbandierati dalla Bp e dall'amministrazione USA.

Secondo Rainer (membro del team di scienziati): “C'è una chiara indicazione di una carenza di ossigeno nelle acque del Golfo, in una zona che va dal sito del disastro della Deepwater Horizon fino a 300 miglia ad ovest. Il ‘pennacchio’ infame esiste ancora, forse non è visibile, ma è essenzialmente ancora lì. Questa carenza di ossigeno ci dice che una certa quantità di petrolio e gas rilasciati durante il disastro è stato consumato da batteri in acqua. I batteri hanno bisogno di ossigeno per metabolizzare le sostanze petrolchimiche, così, molto semplicemente, minore è la quantità di ossigeno, maggiore è la quantità di petrolio che è stata consumata.

Tuttavia, e qui è il punto davvero interessante, le osservazioni di altri scienziati hanno dimostrato che i livelli di ossigeno disciolto nel Golfo non sono sufficientemente bassi per suggerire che una maggiore quantità del petrolio e del gas fuoriuscito dalla testata del pozzo Macondo sia stato consumato dai batteri. Invece, il governo e la Bp vorrebbe far credere a tutti che il petrolio sversato è magicamente scomparso, tutti e tre o quattro milioni di barili. Allora, dove è finito tutto questo?”.

Ian MacDonald (biologo oceanografio, che ha reso una testimonianza davanti alla Oil commission del Parlamento Usa a Washington): “Mentre una parte del petrolio è stata dispersa, evaporata, bruciata, oltre il 50% dello sversamento totale è un materiale altamente durevole che resiste ad un'ulteriore dispersione”. 

Secondo MacDonald ci sarebbero almeno 2,5 milioni di barili di petrolio dispersi nell'ecosistema del Golfo: “Gran parte è ora sepolto nei sedimenti marini e costieri. Ci sono scarse prove di una degradazione batterica di questo materiale prima della sua ‘sepoltura’”.

Anche Samantha Joye (University of George) ha trovato petrolio nei sedimenti del Golfo e spiega: “La marea nera (in realtà non uno ‘spill’ ma un ‘rilascio’ di petrolio nelle profondità del mare) non è ‘over’. La comunità scientifica lo sa, la gente della regione del Golfo lo sa, e lo sanno anche i team di  pulizia che sono ancora sulla costa a raccogliere le ‘tarball’. Sta a tutti noi di continuare a spingere perché ci dicano la verità e tenere la Bp e il governo sotto pressione perché ripuliscano tutto. E mentre fanno questo, dovrebbe anche proseguire la moratoria sulle trivellazioni in acque”.

Come già dicevamo in un nostro precedente articolo, il disastro del Golfo non è ancora finito. Ci vorranno anni ed anni.

 

Lo Staff di Rete Clima®