Finanziamenti al costoso nucleare: chi paga?

I progetti nucleari hanno bisogno di molti miliardi di euro per essere realizzati e quindi le imprese dipendono fortemente da banche e società finanziarie.

Greenpeace insieme alla coalizione BankTrack (che comprende CRBM -Campagna per la Riforma della Banca Mondiale- e altre organizzazioni quali Les Amis de la Terre, Szene Antiatom, WISE), ha commissionato all’istituto indipendente olandese Profundo una ricerca per portare alla luce gli investimenti delle banche nel nucleare.

Se infatti le banche sono pronte a fornire le loro informazioni in merito ai finanziamenti sulle energie rinnovabili, sono invece molto riservate quando si tratta di rendere trasparenti i finanziamenti all’industria delle fonti fossili e soprattutto a quella nucleare.

I risultati della ricerca sono ora disponibili sul sito http://www.nuclearbanks.org/, un sito in cui oltre all’esame degli investimenti nucleari di oltre 120 banche commerciali in tutto il mondo, vengono elencate le imprese che operano nel settore e tutti i progetti in itinere sull’atomo.

Dall’indagine emerge che più della metà di tutti i finanziamenti all’energia nucleare arriva da un gruppo di soli dieci istituti finanziari: su un totale di 175 miliardi di euro in finanziamenti a progetti nucleari tra il 2000 e il 2009, infatti, dieci banche hanno finanziato l'industria nucleare con 92 miliardi di euro (un dato che potrebbe però essere sottostimato poiché ad essere analizzate sono solo 80 imprese operanti nel settore nucleare): si è anche potuto rilevare che la gran parte dei finanziamenti al nucleare avviene sotto forma di prestiti obbligazionari e prestiti “corporate” (circa il 90% degli investimenti individuati).

Secondo il report (qui per il download), al primo posto della classifica delle banche nucleari c’è Bnp Paribas, banca francese presente in Italia attraverso Bnl (Banca Nazionale del Lavoro), con 13,5 miliardi di euro: seguono nei primi 10 posti la Barclays (Regno Unito), Citi (Stati Uniti), Société Générale (Francia), Crédit Agricole/Calyon (Francia), Royal Bank of Scotland (Regno Unito), Deutsche Bank (Germania), HSBC (UK/Hong Kong), JP Morgan (Stati Uniti) e Bank of China.

Si legge nel report di sintesi di Greenpeace Italia: “Mentre nel caso dei 'prestiti corporate' il capitale delle banche è potenzialmente a rischio, con la collocazione di obbligazioni e di azioni, le banche sono protette da rischi finanziari. Invece di investire il proprio capitale, essi agiscono come mediatori per assistere le imprese nella ricerca di investitori disposti ad acquistare azioni o obbligazioni”. Tuttavia si puntualizza che “in quanto promotori di tali operazioni, le banche devono essere considerate responsabili per l'entità del denaro che riescono a mobilitare per l’industria nucleare”.

Per quanto riguarda la presenza degli istituti di credito italiani che 'investono/finanziano' il nucleare oltre alla Bnl, ci sono UniCredit (2,3 miliardi di €) e Intesa Sanpaolo (1,07 mld di €), rispettivamente 23ma e 28ma in questa speciale classifica.

A detta di Greenpeace Italia non sono ancora disponibili informazioni ufficiali su quali banche finanzierebbero il ritorno del nucleare voluto dal governo Berlusconi.

Andrea Lepore (Responsabile della campagna Nucleare dell'associazione): "Greenpeace è pronta a rendere pubbliche le future decisioni di investimento delle banche nel nucleare in Italia; è bene che ne siano consapevoli quegli istituti che stanno pensando di investire in questa fonte di energia dannosa per l’ambiente, per l’Italia e per i suoi cittadini".

Per Lepore, le banche che finanziano progetti nucleari: "rischiano di rimetterci soldi e reputazione e per questo chiediamo loro di spostare i loro investimenti da una fonte sporca e pericolosa come il nucleare verso progetti di efficienza e fonti rinnovabili".

No nuke!


Lo Staff di Rete Clima®