Forum del Global Footprint Network e debito ecologico europeo

Il Global Footprint Network organizza dal 7 al 12 giugno il "Footprint Forum 2010. Meet the Winners of the 21st Century" a Colle Val d'Elsa, in Toscana.

Il network, voluto dallo studioso Mathis Wackernagel (che ha elaborato, insieme all'ecologo William Rees dell'Università canadese della British Columbia, il  metodo di calcolo dell'impronta ecologica), raggruppa studiosi e ricercatori, personalità del mondo economico e imprenditoriale, della società civile, delle istituzioni ecc.:

in occasione dell’incontro tosano questi discuteranno dei tanti aspetti legati al nostro futuro ed al nostro impatto sui sistemi naturali del pianeta, all'attuale crisi economico finanziaria, che può essere considerata, secondo i diversi punti di vista, come un momento di un normale ciclo economico o come segnale di una crisi più profonda, legata al progressivo raggiungimento dei limiti biofisici delle risorse naturali del pianeta.

La domanda centrale di questo Forum riguarda le prospettive dell'immediato futuro per assicurare alle nostre società, una dimensione economica senza alterare o distruggere il capitale naturale, base della nostra stessa sopravvivenza.

Si conti infatti che -rispetto al metodo di calcolo dell'impronta ecologica- attualmente tutte le nazioni mediterranee (escluso il Montenegro) operano in una situazione di deficit ecologico: utilizzano –cioè- una quantità delle loro risorse ecologiche superiore rispetto a quelle nazionalmente disponibili, depauperandone lo stock e compromettendo integrità e capacità di rigenerazione degli ecosistemi naturali.

Dal 1961 (data di partenza dei calcoli dell'impronta ecologica delle nazioni del mondo) al 2006 la regione mediterranea ha registrato un incremento, nella media pro capite dell'Impronta Ecologica, di + 48%, che ha raggiunto il valore di 3.3 ettari pro capite globali con un decremento, invece, della biocapacità del - 35% che ha raggiunto il valore, nel 2006, di 1.2 ettari globali pro capite.

Questi dati generali indicano che la popolazione dell'area mediterranea consuma più risorse di quelle realmente disponibili nella regione. Nel 2006 i Paesi compresi nell'area mediterranea avevano a disposizione 401 milioni di ettari di terra produttiva (65 milioni di ha. di boschi e foreste, 108 di aree agricole, 135 di aree di pascolo e 13  milioni di ha. di aree urbanizzate). 

E' evidente l'urgenza di avviare importanti e significative  politiche  attive di sostenibilità che consentano ai paesi dell'area mediterranea, ciascuno per le proprie specificità e per i propri livelli di impatti, di abbassare il livello della propria impronta ecologica.

Recentemente il Global Footprint Network ha elaborato anche un rapporto dal titolo molto esplicito "The Ecological Wealth of Nations. Earth's biocapacity as a new frame work for international cooperation" che invita ulteriormente a riflettere su come stiamo vivendo come specie umana su questo pianeta, utilizzando i sistemi naturali della Terra, sorpassando le loro capacità rigenerative e ricettive.

L'attuale grave crisi dell'economia mondiale deve quindi costituire un chiaro promemoria relativo alle conseguenze del vivere al di sopra delle nostre possibilità. Ma, e di questo dobbiamo essere sempre più consapevoli, l'eventualità di una lunga recessione economica è nulla se confrontata alla difficile situazione del deficit ecologico che si sta palesando davanti a noi tutti.

Dobbiamo essere consapevoli che quali che siano le nostre esistenze, che si svolgano nel cuore di una foresta o nel centro di una metropoli, tutte dipendono, direttamente o indirettamente, dai servizi forniti dai sistemi naturali della Terra.

I rapporti "Living Planet Report" che, ogni due anni, il WWF pubblica, insieme al Global Footprint Network, alla Zoological Society di Londra e al Water Footprint Network (il prossimo sarà pubblicato nell'ottobre 2010),  ci avvisano che stiamo consumando le risorse alla base di tali servizi, troppo rapidamente - più rapidamente di quanto esse siano in grado di rigenerarsi.

Così come uno spreco sconsiderato superiore al guadagno sta causando la recessione economica, i consumi eccessivi stanno dando fondo al capitale naturale del Pianeta ad un punto tale da mettere a rischio il nostro benessere futuro e, persino, la sopravvivenza della nostra civiltà. L'Indice del pianeta vivente, utilizzato nei Living Planet Report per indicare lo stato di salute della ricchezza della vita sul pianeta, ci dimostra che, negli ultimi 35 anni, abbiamo perduto quasi un terzo del capitale della biodiversità della Terra.

Eppure la nostra domanda continua a crescere, sotto la spinta dell'incessante aumento demografico e dei consumi individuali che, inevitabilmente aumentano, soprattutto nei paesi di nuova industrializzazione dove aumentano le fasce di popolazione che dispongono di un incrementato potere d'acquisto.

Attualmente, secondo i calcoli del metodo dell'impronta ecologica, diffuso e utilizzato dal Global Footprint Network, presentato nei Living Planet Report e aggiornato ogni biennio, la nostra impronta globale supera la capacità rigenerativa del pianeta di circa il 30%: se la nostra domanda sulle risorse del pianeta continuerà a crescere alla stessa velocità, entro metà del decennio 2030-2040, avremo paradossalmente bisogno dell'equivalente di due Pianeti per mantenere i nostri stili di vita.

Questi trend generali comportano conseguenze concrete, che, in questi anni di crisi economica, abbiamo potuto leggere sui titoli dei nostri quotidiani. A livello mondiale, il prezzo di molti raccolti ha raggiunto vertici da record, in gran parte a causa dell'aumento della domanda di cibo, mangimi e biocombustibili e, in alcuni luoghi, a causa della continua diminuzione di fornitura idrica, dovuta soprattutto ad un sovra sfruttamento delle falde acquifere, anche di quelle fossili.

La difficile situazione dell'attuale debito ecologico costituisce una sfida mondiale. Secondo i Living Planet Report 2008 più di tre quarti degli abitanti del pianeta vivono in nazioni che sono debitrici ecologiche - dove cioè i consumi nazionali hanno superato la biocapacità del paese. Di conseguenza, la maggior parte di noi sostiene gli attuali stili di vita e la nostra continua crescita economica, facendo affidamento sul capitale ecologico di altre parti del mondo e quindi sfruttandolo sempre di più.

Le notizie positive che anche il Forum vuole dibattere, riguardano il fatto che abbiamo ancora la possibilità e le capacità per invertire questa situazione di debito ecologico - non è troppo tardi per evitare un'irreversibile recessione ecologica.

Certamente la vastità della sfida è notevolissima. Per questo motivo nei rapporti dei "Living Planet"  si è cominciato ad introdurre il concetto dei "cunei di sostenibilità" , interventi sinergici ed articolati nei vari campi, da quello energetico alla difesa della biodiversità, da contrapporre al superamento dei limiti ecologici nei vari settori intervenendo sulle diverse cause primarie.

L'analisi di tali cunei consente di isolare i diversi fattori di superamento dei limiti e proporre soluzioni differenti per ognuno di essi. Per una delle sfide più importanti e significative, quella del cambiamento climatico il modello delle soluzioni per il clima utilizza un'analisi dei cunei per illustrare come sia possibile, nel 2050, soddisfare la crescita prevista della domanda di servizi energetici mondiali e contemporaneamente ottenere una riduzione significativa delle emissioni globali di gas a effetto serra.

Questo modello evidenzia la necessità di agire immediatamente per porre un freno ai pericolosi cambiamenti climatici.

Mentre agiamo per ridurre la nostra impronta -il nostro impatto sui servizi della Terra- dobbiamo anche migliorare la gestione degli ecosistemi che forniscono tali servizi. Per avere successo dobbiamo gestire le risorse rispettando le opzioni evolutive dei sistemi naturali. Ciò significa che in ogni settore, come in quello agricolo o ittico, le decisioni dovranno essere prese in considerazione delle conseguenze ecologiche. Significa anche, che è necessario trovare metodi di gestione transfrontaliera -oltre i confini politici e di proprietà- per occuparsi di un ecosistema nel suo complesso.

Come ha ricordato il direttore generale del WWF internazionale, Jim Leape, nel "Living Planet Report 2008": “Sono passati più di quarant'anni da quando gli astronauti dell'Apollo 8 fotografarono il famoso "sorgere della Terra", offrendo la prima visione del nostro Pianeta da una navicella spaziale. Da allora, nel giro di due generazioni, il mondo è passato da una situazione di credito ecologico a una di debito. La specie umana offre innumerevoli riscontri storici di ingenuità e capacità di risolvere i problemi. Lo stesso spirito che portò l'uomo sulla Luna dovrebbe essere ora impiegato per liberare le future generazioni da un debito ecologico devastante".


Lo Staff di Rete Clima®



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