Contrari al nucleare? Serve un po’ di “pubblicità nucleare” per convincere

La parola d’ordine è “convincere”. Che non significa informare, ma voler inculcare nel cittadino la (falsa) necessità di una scelta nucleare palesemente irragionevole, costosa e rischiosa, inutile per il contrasto al cambiamento climatico (ne abbiamo già parlato qui e qui).

Ma Berlusconi dice testualmente: “Dobbiamo fare una vasta opera di convincimento sulla sicurezza delle nuove centrali”.

Dopo la pubblicità per convincere a comperare lo shampoo antiforfora, i carciofini sottolio e la pasta integrale, questo è quanto dovremo aspettarci a breve sulle nostre televisioni: ed è curioso notare come questa comunicazione sia stata effettuata proprio il giorno del decimo anniversario dell’incidente di Chernobyl.

Curioso, davvero curioso.

Altra cosa curiosa è che mentre all’estero c’è in corso un intenso dibattito sulla tecnologia nucleare, ed i sostenitori delle diverse posizioni si confrontano in talk show pubblici, qui la televisione ed i giornali si limitano a comunicare ai cittadini quanto il Governo man mano decide.

E cioè che il nucleare si deve fare in quanto è sicuro, pulito, economico, una occasione per le industrie italiane: l’esatto contrario di quanto viene detto dalla totalità delle organizzazioni ambientaliste mondiali e da svariati istituti di ricerca internazionali.

In Italia, unico tra gli Stati industrializzati che vuole un “rinascimento nucleare”, si possono leggere interessanti vademecum su “Come spiegare l’atomo agli italiani” (Umberto Minopoli, su Il Riformista) che testualmente afferma: “In 60 anni di operatività del nucleare civile il solo incidente significativo, con esiti mortali (55 persone), che si registrato è quello di Chernobyl”.

Qual è la fonte di questo dato? Perché i giornalisti spesso non citano le fonti? E perché i giornalisti spesso scrivono con sicurezza di argomenti tecnico-scientifici che –ad andare bene- conoscono solo vagamente?

Ci sembra logico affermare questa non-conoscenza, perché fonti meglio informate parlano di altro. Greenpeace, per esempio, che alcuni anni fa ha diffuso uno studio di scienziati dell’Accademia delle Scienze ucraina e bielorussa, che stimava che nel lungo periodo si potranno raggiungere 100mila vittime per tumori legati alle radiazioni dell’incidente di Chernobyl, da sommare ai 200mila morti dovuti all’incidente di Cernobyl, tra il ’90 e il 2004 (prendendo in esame solo Ucraina, Bielorussia e Russia).

Con impatti sulla popolazione che continueranno a persistere per decenni nei terreni contaminati (tra Bielorussia, Russia e Ucraina si contano tra i 125mila e 146mila chilometri quadrati di territori contaminati), sapendo però che i livelli di radioattività significativi da Cesio-137 possono ancora essere riscontrati in Scozia e in Grecia.

E questo signore (Minopoli), che parla di 55 morti, vorrebbe spiegare il nucleare agli italiani?! 

Ma andando oltre il disastro di Chernobyl, oggettivamente difficilmente ripetibile per livello di gravità, ecco le parole di Carlo Rubbia, persona informata dei fatti nucleari, che fa notare: “Non esiste un nucleare sicuro. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali”.

E gli incidenti minori? Una grande quantità, per lo meno quelli comunicati (sono stati comunicati tutti?), da non sottovalutare: dai recenti casi nella centrale di Tricastin (Francia) o altri episodi in Spagna e Slovenia, ai meno recenti eventi in Giappone (reazione nucleare incontrollata nel 1999),  all’incidente nucleare presso un reattore a Forsmark, in Svezia, quando i generatori di back-up si incepparono lasciando la centrale senza elettricità.

E la popolazione vicina alle centrali? Uno studio relativamente recente del governo tedesco, poco conosciuto all’estero, ha evidenziato un aumento del 220% dei casi di leucemia e del 160% per quelli di cancro tra i bambini fino ai 5 anni di età che vivono entro i 5 km da un reattore nucleare. Lo studio, denominato KiKK (in tedesco è l’acronimo di cancro infantile in prossimità di centrali nucleari), è purtroppo statisticamente rilevante ed ha riaperto il dibattito in Germania.

Quando si aprirà invece quello in Italia (unica condizione per cui i cittadini-elettori possano scegliere in maniera consapevole)?


Lo Staff di Rete Clima®