Il crescente consumo di carne nel nord del Mondo porta la fame nel sud del Mondo

Lo studio "Feeding the future's changing diets: Implications for agricultural markets, nutrition, and policy" dell'International food policy research institute (Ifpri), diffuso in occasione di un recente meeting sull’alimentazione a New Delhi, sostiene che i prezzi degli alimenti sono fortemente influenzati dalla modalità di produzione “industriale” di quella carne che una delle prime cause del riscaldamento climatico globale.

Mark Rosegrant (Direttore della divisione environment and production technology dell'Ifri e co-autore dello studio): “L'aumento del consumo di carne comporta un rialzo dei prezzi del mais, utilizzato per nutrire il bestiame, piuttosto che di quello del grano o del riso, che sono gli alimenti di base degli abitanti della maggior parte dei Paesi in via di sviluppo.

Nei Paesi subsahariani, dove il mais è un alimento di base, la riduzione del consumo di carne, entro il 2030 potrebbe permettere di diminuire di un milione il numero di bambini di meno di 5 anni che soffrono di malnutrizione. A differenza dell'Africa, altrove l'impatto sul numero di bambini che soffrono la fame non è così importante”.

Dal report: “Gli abitanti dei Paesi ricchi e dei Paesi emergenti più sviluppati come la Cina e il Brasile, riducendo da subito il loro consumo di carne, potrebbero contribuire ad alleggerire la pressione sui prezzi di alcuni cereali di base entro 15 anni. 

Tuttavia, il loro gesto non permetterebbe di migliorare la sicurezza alimentare nella maggior parte dei Paesi poveri in un futuro ravvicinato”.

Per Rosegrant: “Non è inutile ridurre il proprio consumo di carne ma bisogna diversificare la propria alimentazione per includere legumi e frutti ed altri benefici per la salute”.

Secondo Ricardo Uauy (nutrizionista e Professore alla London School of hygiene and tropical medicine), intervenuto nell'ultima seduta della conferenza di New Delhi: “L'uomo non ha bisogno di consumare tanta carne”, ragion per cui ha proposto di sopprimere le sovvenzioni sulla carne e di praticare prezzi reali.

Questa azione “….avrebbe l'effetto di dissuadere la gente dal consumarne di più. In Giappone, dove la carne non è sovvenzionata la gente è malgrado tutto in buona salute”.

Ritorna ancora la logica di un mercato che si proclama “libero” da condizionamenti esterni, ma poi in diversi suoi settori vive in stretta relazione alle risorse collettive garantite dallo Stato: se questa non è l’antitesi di un mercato che si proclama libero ed autoregolante!

Lo Staff di Rete Clima®