Il territorio in Italia: senza pianificazione e abbandonato al dissesto idrogeologico (con i condoni di Scilipoti)

Se la rendita più grande di un terreno in Italia è sempre stata legata alla sua edificabilità (e questo vale sia per che chi costruisce che per l’ente locale, grazie agli oneri di urbanizzazione oggi paradossalmente ancor più vitali dopo il taglio dei trasferimenti alle autonomie locali) si capisce il motivo dell’enorme antropizzazione del territorio italiano, sommerso da colate di cemento in ogni dove.

E così si scopre che il rischio originato da una cattiva gestione del territorio non è legato solo all’illegalità palese o all’illegalità condonata (si noti che l'ultima proposta di condono è del mese scorso, targata On. Scilipoti), ma anche a situazioni “in regola”: varianti e deroghe sacrificano il territorio a piani di trasformazione di uso del suolo non coordinati tra loro e spesso non curanti dei rischi che questi vanno a creare o a incrementare.

Alcuni “piani casa regionali”, varati sulla spinta cementizia di un Governo che continua irragionevolmente a vedere nel mattone selvaggio l’unica strada per una presunta ripresa economica sono qui a testimoniarlo, salvo che poi Berlusconi, uomo che ha più volte approvato grandi agevolazioni a favore dell'edilizia e che sotto i suoi Governi ha realizzato più di un condono, vada ad "incolpare" l'abusivismo quale causa di questi disastri: che poi il mattone abbia smesso di tirare è cosa ormai conosciuta, ma niente sembra fermare il "partito del cemento".

Se poi si assiste ad un completo taglio economico di tutti i fondi per la manutenzione del territorio (dai pur insufficienti 500 milioni/anno dell’ultimo Governo Prodi ai fondi praticamente azzerati dal presente Governo Berlusconi, il quale però trova i soldi da destinare alle grandi opere!), il quadro è completo.

Per carità, si deve tenere conto anche del cambiamento climatico con la sua intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi, ma questo non è che un’aggravante verso un sistema già disequilibrato e compromesso. Già a forte rischio, e con ancor maggiore necessità di procedere verso l'adattamento climatico.

A stare a sentire il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo gli eventi di Genova non sarebbero potuti succedere, dato che il tempo di ritorno di eventi piovosi del calibro di quelli che pochi giorni prima avevano distrutto le Cinque Terre era di 500 anni: bisognerebbe portare il Ministro a Genova, per vedere cosa succede a (non) gestire il territorio in maniera pressapochistica ed incompetente e ricordarle gli eventi alluvionali su Genova e la Liguria negli ultimi anni.

La Liguria è il caso simbolo di questo stato di cose, anche secondo Santo Grammatico (Coordinatore di Legambiente Liguria): “L'aumento della quantità di acqua caduta in questi giorni dipende dal cambiamento climatico e però ha degli effetti soprattutto in zone che hanno conformazioni orografiche come quelle che ha la Liguria, con le zone montuose che rendono le piogge ancora più intense. La storia di Genova tra gli anni Cinquanta e Sessanta è stata una storia di forte cementificazione, oggi si subisce un'eredità di corsi d'acqua edificati, appesantimento del territorio, spesso i torrenti sono costretti a scorrere sotto gli edifici oppure in corsi artificializzati, è questo il motivo per cui quando esondano lo fanno con più impeto e velocità. A Sestri sono stati fatti interventi anche velocemente, ma finiti i soldi in molti casi non sono stati completati opere fatte a metà, ma non per cattiva volontà”.

E poi: “A Genova ci sono 100 mila persone che sono a rischio alluvione, non possiamo pensare a un esodo, però intanto tutti devono sapere e bisogna cominciare a fare molta più informazione su questo rischio. Inoltre, è importare impedire l'ulteriore cementificazione, Genova non è una città che sta crescendo dal punto di vista della popolazione, perché mai dovrebbero servire nuovi edifici? Se si vuole dare fiato all'edilizia lo si può fare riconvertendo ciò che esiste in edifici sostenibili dal punto di vista ambientale”.

Ermete Realacci: “Il ministro Prestigiacomo si accorge finalmente che il Governo di cui fa parte ha praticamente azzerato i fondi per la prevenzione dal dissesto idrogeologico. Neanche un consolatorio meglio tardi che mai può rendere migliore una situazione che ormai è diventata gravissima.Sono anni che denunciamo il taglio metodico e continuativo delle risorse destinate alla manutenzione del territorio, che dai già insufficienti 500 milioni stanziati dal Governo Prodi, sono state in sostanza annullate.Mentre ancora si scava nel fango per cercare i dispersi dell'alluvione ha colpito Liguria e Toscana, mentre la fragilità del territorio accresce con eventi meteorologici sempre più estremi, l'incapacità del Governo nel far fronte alle priorità del paese, come quella di mettere in sicurezza il territorio dal rischio frane e smottamenti, è diventata intollerabile”.

Il problema è tanto chiaro quanto di difficile soluzione.

 

Lo Staff di Rete Clima®