La crescita è finita: necessario usare meno energia e meno materie prime (anche alla luce del cambiamento climatico)

Chiaro monito dell’economista e Commissario europeo per l’ambiente Janez Potočnik, che a inizio Gennaio ha avvisato l’Europa che l’eccessivo sfruttamento e lo spreco di energia e materie prime potrebbe essere la spinta iniziale di una ancor più dura recessione: secondo le sue parole il motivo risiede nella crescente scarsità di risorse, i cui prezzi sono quindi destinati a crescere riducendo la possibilità di acquisto degli europei.


La parola d’ordine diventa quindi “efficienza” nell’uso di quanto abbiamo oggi, riducendo abitudini e stili di consumo voraci di energia e di risorse.

Potočnik: “Semplicemente non abbiano scelta, dobbiamo usare con più efficienza quello che abbiamo o avremo problemi di competitività: ‘efficienza’ deve essere la parola chiave per rendere competitive le imprese europee”.

Eppure il paradigma della crescita è ancora imperante, basti guardare anche alle parole che continua a ripetere l’attuale premier Monti.

Tra tutte le risorse, poi, particolare importanza giocano oggi le “terre rare”, componenti essenziali per la tecnologia e i prodotti hi-tech (incluse le batterie ed i componenti per gli impianti a fonti rinnovabili, cioè la base della svolta energetica che deve caratterizzare la green economy) e che oggi sono in buona parte (si stima circa 1/3 delle riserve globali) sotto il diretto controllo della Cina: un utilizzo razionale delle risorse diventa oggi più che mai importante anche in una chiave strategica globale.

Ma ritornando alle parole di Potočnik, è davvero segno dei tempi il fatto che un economista si sia addirittura spinto a parlare della contabilità degli impatti legati all’utilizzo delle risorse, al fine di una loro internalizzazione nei costi di produzione di beni e servizi.

Che ci sia una svolta in molte coscienze è tuttavia un dato di fatto, anche perché il deficit ambientale è ormai sotto gli occhi di tutti, mentre il cambiamento climatico bussa alla porta di molti Paesi in maniera sempre più insistente e pressante.

Ma forse dentro questa crisi sistemica nella quale siamo è ancora difficile per molti riuscire a cogliere le priorità, evitando che tentativi velleitari di “crescita” possano portare ad una ulteriore pressione su risorse ed ambiente, peggiorando ulteriormente la situazione di tutti e rendendo sempre più difficile non solo il cambio di rotta, ma anche il contrasto a fenomeni ambientali di origine antropogenica (come il cambiamento climatico) e dagli esiti potenzialmente spaventosi ed irreversibili.

L’illusione della finanza e del debito hanno spinto le menti a dimenticare che siamo in un sistema finito e limitato, ed è ai limiti del pianeta che dobbiamo fare riferimento per impostare il nostro vivere.

E questa è proprio la riflessione anche di Richard Heinberg, del Post Carbon Institute, il quale afferma che “la crescita è finita”.

Il reiterato debito pubblico ci ha fatto illudere che la crescita non dovesse mai avere fine: ma il debito ecologico è un’altra cosa dal debito economico, perché non è fatto di carta di equilibri naturali sempre più compromessi. A nostro svantaggio.

E allora il debito economico non può essere visto in maniera disgiunta dal debito ecologico e dal debito naturale, riprogettando necessariamente il nostro futuro di uomini-che-fruiscono-di-ambiente in maniera sostenibile, cioè ripetibile nel tempo.

A costo di dover cambiare molto  di quanto ora è realizzato a livello economico, dato che si è dimostrato palesemente insostenibile.

Bisognerebbe davvero tornare al profetico testo “I limiti della crescita” ed alle modernissime riflessioni di 40 anni fa di Aurelio Peccei.

 

Lo Staff di Rete Clima