Perdita di petrolio nel Golfo del Messico: calcoli rivisti ancora (al rialzo)

Un report della NPR, unica radio pubblica degli Stati Uniti, sta facendo il giro del mondo: gli esperti che hanno analizzato il video della BP (qui per visualizzarlo) hanno stabilito che la fuoriuscita quotidiana di greggio dal pozzo Macombo si attesta intorno a 70.000 barili/giorno.

Il calcolo è stato realizzato dal professor Steven Wereley della Purdue University, che ha analizzato le immagini con un metodo computerizzato basato sulla velocità delle particelle: in questo modo ha calcolato che dovrebbero finire in mare circa 70.000 barili al giorno, con un margine di errore in più o in meno pari al 20% (cioè il flusso è compreso fra i 56.000 e gli 84.000 barili).

Spaventoso, anche perché è ben oltre i 26.000 barili/giorno calcolati prudenzialmente da SkyTrust (ne abbiamo parlato qui) sulla base dell’estensione della macchia di petrolio (che d’altronde viene ininterrottamente aggredita col fuoco e con agenti chimici nel tentativo di ridurla, quindi era evidentemente un valore sottostimato).

e stanno discutendo anche su TOD (The Oil Drum, il più autorevole blog mondiale di discussione ed informazione sul petrolio), e ciò significa che il report -anche considerando l'autorevole fonte- è ritenuto decisamente credibile.

Le osservazioni più interessanti, al di là degli incessanti calcoli e grafici sono sul movimento di questo flusso di petrolio: come mai un tale quantitativo non si mostra in superficie? Potrebbe essere colpa delle correnti profonde, che lo stanno trasportando anche altrove, oppure dei già citati detergenti che si continuano a gettare in mare e che servono un po a "mimetizzare" l'entità del disastro?

E come valutazione politica, è anche molto significativo che tale rivelazione provenga proprio dalla radio pubblica.

Al momento, infatti, i rapporti sono tesissimi tra l'amministrazione USA e la BP che se ne è bellamente infischiata delle norme di sicurezza: far trapelare al pubblico l'entità del disastro potrebbe rendere più agevole la strada alle nuove norme che il Presidente Obama sta attualmente proponendo sia per quanto riguarda le restrizioni alle perforazioni, che per nuove tasse sul greggio

Se anche si prendesse a riferimento una stima di 50.000 barili/giorno, si tratterebbe di un disastro che ogni 5-6 giorni uguaglia il disastro della petroliera Exxon Valdez: senza che ci siano all’orizzonte prospettive di contenimento.


Prendendo per buoni i 50.000 barili al giorno, dal 20 aprile ad oggi (22 giorni) siamo già a circa un milione di barili, più o meno la stessa quantità che la petroliera Amoco Haven riversò nel Golfo di Genova nel 1991.

(qui il link al video da cui è estratta l'immagine).

E si consideri che insieme al petrolio stanno fuoriuscendo anche del idrati di metano, corrispondente al getto bianco che compare nel video. C’è una notizia inquietante su Science del fatto che qualcuno sapeva che era molto pericoloso trivellare lì, proprio data la presenza degli idrati di metano (che sembra siano stati la causa dell’esplosione della piattaforma, oltre che i responsabili del fallimento del posizionamento della cupola): Science scrive infatti che la trivellazione aveva incontrato segni della presenza di idrati di metano, ma nessuno ha interrotto la trivellazione.

Ma cosa sono gli idrati di metano? Sono una sorta di acqua ghiacciata e “piena” di molecole di metano, di cui esistono enormi giacimenti soprattutto sotto i ghiacci artici e sotto il permafrost della tundra (entrambi luoghi a forte rischio disgelo).

E qual è il problema degli idrati di metano? Dato che il metano è un gas serra 22-25 volte più potente dell’anidride carbonica, l’eventualità di uno scioglimento massiccio degli idrati di metano costituisce un “incubo climatico” per i climatologi: inoltre gli idrati di metano sono instabili, e se vengono movimentati possono degenerare rapidamente nella forma gassosa, ed esplodere o prendere fuoco (questa è la ragione per cui finora nessuno ha pensato seriamente di sfruttarli).

Sempre a quanto riferisce Science, il professor Robert Bea dell’Università di Berkeley in California (uno tra gli scienziati a cui la BP si è rivolta nel tentativo di fronteggiare il pozzo fuori controllo, accordandogli completo accesso a tutta la documentazione) sostiene che la trivellazione da cui si è originata la marea nera aveva trovato segni della presenza di idrati di metano. Eppure la trivellazione è proseguita comunque.

Il professor Bea riferisce infatti che prima dell’esplosione la piattaforma ha incontrato gas – apparentemente sia metano sia idrati – a pressione così alta che il funzionamento degli impianti si è bloccato. Sempre secondo Bea, i lavoratori della Halliburton avevano temporaneamente sigillato col cemento la bocca del pozzo, ed erano a conoscenza del possibile rischio legato alla presenza degli idrati.

La Halliburton è una società di servizi petroliferi e militari che tra i suoi vertici ha annoverato l’ex vicepresidente americano Dick Cheney e l’ex segretario alla Difesa Donald Rumsfeld (entrambi in ruolo durante l'ultima amministrazione Bush), ed è anche una fornitrice di servizi della Deepwater Horizon, la piattaforma di proprietà della Transocean che è stata affittata da BP.


Lo Staff di Rete Clima®