Manovra finanziaria 2010: un ostacolo allo sviluppo delle fonti rinnovabili

L’articolo 45 della manovra finanziaria decide il congelamento (con carattere retroattivo) dell’obbligo di ritiro da parte del GSE (Gestore dei Servizi Elettrici) dei Certificati Verdi (CV) in eccesso sul mercato: questo obbligo è –di fatto- lo strumento che finora ha garantito il mantenimento del prezzo dei CV, garantendo un equilibrio fra una domanda di CV decisamente ridotta rispetto alla loro offerta.

Le associazioni ambientaliste e le aziende di settore avevano già denunciato il rischio legato a questa operazione quando ancora la Finanziaria era in fase embrionale, ma sono rimasti inascoltati.

Secondo le associazioni impegnate nel settore delle rinnovabili l’ovvio ed immediato effetto del provvedimento sarebbe quello di fare crollare il prezzo dei CV, limitando il ritorno degli investimenti già realizzati e di quelli programmati (e quindi limitando gli investimenti nel settore delle energie pulite, strategico per il Paese).

I certificati verdi sono stati introdotti dal Decreto Bersani che già nel 1999 imponeva un obbligo agli operatori del settore elettrico che immettono in rete più di 100 GWhe/anno, di produrne almeno il 2% da impianti a fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati, dopo il 1/4/99 (tale obbligo è stato incrementato dello 0,35% dal 2004 al 2006 e dello 0,75% dal 2007 al 2012).

La Legge 99/09 ha trasferito tale obbligo sui soggetti che concludono con Terna contratti di dispacciamento di energia elettrica in prelievo: lo schema di funzionamento prevede che i produttori ricevano il provento derivante dalla vendita del certificato verde, in aggiunta al prezzo di vendita dell'energia generata (o alla valorizzazione dell'autoconsumo della stessa). I certificati verdi possono essere contrattati direttamente fra i proprietari degli impianti stessi e gli operatori interessati, oppure servendosi dell'apposito mercato creato dal gestore del mercato elettrico.

Edoardo Zanchini (Responsabile energia di Legambiente): “Un errore incredibile che rischia di colpire pesantemente lo sviluppo delle energie pulite nel nostro Paese e la credibilità delle scelte italiane rispetto alla prospettiva di diffusione delle rinnovabili al 2020 obbligatoria per tutti i Paesi UE. Mentre non si hanno notizie del piano di sviluppo delle rinnovabili che il governo deve consegnare a Bruxelles entro il 30 giugno, il decreto cancella le certezze degli investitori”.

Continua Zanchini: “Con le nuove regole non ci sarebbe più alcun ritorno dell'investimento, con drammatici effetti in termini economici e occupazionali nell'unico settore che, in questi mesi, ha mostrato segnali positivi. E' inoltre da sottolineare l'assurdità di questo provvedimento perché non avrebbe alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che non sono finanziamenti pubblici ma un meccanismo di mercato che obbliga le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici”.

Dato che l'appello lanciato insieme alle associazioni e aziende delle rinnovabili tra cui Aper, Anev, Fiper, affinché fosse rivista la norma non ha avuto esito positivo, lo stesso gruppo di aziende ed associazioni chiede adesso al Governo di spiegare il senso di questa assurda decisione, che allontana ulteriormente l’Italia dagli obiettivi del Protocollo di Kyoto e da quelli del Piano 20-20-20. E che sembra l'ennesima dimostrazione di come il rilancio del nucleare si porti dietro l'abbandono delle fonti rinnovabili, data l’impossibilità economica da parte dello Stato di sostenere entrambi.

Zanchini: “Le fonti energetiche pulite sono state lasciate in un ‘far west' normativo: si attendono dal 2003 le Linee guida per i progetti da fonti rinnovabili, e non si hanno notizie né degli incentivi in conto energia per il solare fotovoltaico, né della detrazione del 55% per il solare termico. Gli obiettivi Ue sono nell'interesse di tutti e sono obbligatori: l'Italia deve raggiungere con le rinnovabili il 17% di produzione da fonti pulite rispetto ai consumi, e se questo obiettivo non verrà conseguito dovremo pagare multe e importare dall'estero. Il governo faccia marcia indietro sui certificati verdi e presenti finalmente il piano per una discussione pubblica prima di consegnarlo a Bruxelles”.

La miopia del Governo in materia di energia prosegue la sua corsa.


Lo Staff di Rete Clima®