“Pedagogia della catastrofe” nel Golfo del Messico? L’unica lezione sembra essere a livello finanziario!

Siamo convinti sostenitori della pedagogia esperienziale, cioè di una crescita umana e culturale che viene costruita grazie ad esperienze dirette: una sorta di “imparare facendo” o “imparare vivendo”, con una crescita nella consapevolezza sulle cose grazie alla propria esperienza di vita vissuta.

E in questa visione, che estendiamo anche al campo ambientale, siamo accompagnati da esperti di varie discipline, i quali convengono che il rapporto uomo-ambiente potrà essere rivisto solo quando l’uomo sarà “educato” e convinto della necessità di cambiarlo: convinzione che –sempre secondo questa linea di pensiero- può purtroppo inevitabilmente accadere solo in conseguenza a catastrofi di elevate dimensioni, le uniche capaci di scuotere l’uomo e fargli prendere coscienza della necessità di un suo intervento, di un cambio di rotta.

Abbiamo quindi scritto a lungo anche su questo sito del disastro del Golfo del Messico, certi che da una tragedia di tale portata sarebbe scaturito un ordine nuovo delle cose, una nuova serie di regole per una migliore convivenza tra uomo ed ambiente, oltre che una nuova consapevolezza e visione sulla necessità di un cambio di rotta verso la promozione della sostenibilità.

Ma negli Usa, che pure sono stati i più toccati da questo enorme disastro, il primo a perdere i consensi è il presidente Barack Obama, fautore di una forte battaglia contro la Bp, e la lobby del petrolio: in questa situazione stanno invece recuperando consensi i repubblicani, da sempre sostenitori del petrolio e del suo mondo.

L’altra situazione preoccupante è che negli USA, la discussione è già nella fase del come si possa evitare futuri disastri ma da un punto di vista puramente economico: anche il nostrano Sole24Ore riportava in prima pagina tempo orsono il titolo: "I tre antidoti di Bp contro il disastro finanziario".

Del disastro ambientale nessun riferimento.

E ci si chiede come poter "limitare l'entità dei danni che l'azienda dovrà risarcire", indirizzandosi verso (costose) assicurazioni oppure verso la creazione di società indipendenti che "in caso di disastro possano anche andare in fallimento senza trascinare la casa madre"; "fare effettuare le attività a rischio catastrofe da società specifiche con una pluralità di azionisti (...)", in modo che in futuro in un caso simile sarebbe più difficile per un'amministrazione "prendersela con gli azionisti ultimi".

Se questa è la lezione che l’umanità ha tratto dal disastro del Golfo del Messico direi che c’è davvero poca speranza per il futuro nostro e dei nostri figli.

 

Lo Staff di Rete Clima®