Report “panni sporchi” sull’inquinamento delle produzioni delocalizzate in Asia

Ed eccoci arrivati al secondo report di Greenpeace circa le problematiche dell'inquinamento produttivo in Paesi in cui c'è poca regolamentazione in campo ambientale.

Infatti, dopo il recente report “Dirty Laundry: Unravelling the corporate connections to industrial water pollution in China", in cui Greenpeace denunciava il problema dell'inquinamento dei fiumi cinesi causato dagli scarichi tossici dell'industria tessile che produce anche per l’estero (con il coinvolgimento delle produzioni destinate a marche sportive internazionali tra cui Abercrombie & Fitch, Adidas, Bauer Hockey, Calvin Klein, Converse, Cortefiel, H&M, Lacoste, Li Ning, Meters/bonwe, Nike, Phillips-Van Heusen Corporation (PVH Corp), Puma e Youngor), ecco un suo nuovo report a proposito dei danni ambientali delle “nostre” produzioni occidentali delocalizzate in Cina.

Si tratta di una pratica produttiva ormai affermata, al fine dell’abbattimento dei costi della manodopera, dei costi per la sicurezza e per evitare i controlli sulla catena produttiva presenti nei paesi occidentali: ma questa pratica, oltre a delocalizzare le produzioni, “delocalizza anche la contabilità dei gas serra” per cui i Paesi occidentali sembrano essere più virtuosi di quello che sono a livello di riduzione delle proprie emissioni climalteranti.

Ma venendo al nuovo report, chiamato "Panni sporchi 2" e recentemente presentato a Pechino, questo offre un quadro altrettanto desolante circa la presenza di sostanze dannose dentro i vestiti, capi sportivi e calzature prodotti nel sud est asiatico (Cina, Vietnam, Malesia e Filippine) anche per conto di grandi case internazionali.

Greenpeace ha infatti analizzato prodotti d’abbigliamento realizzati anche per conto delle più famose marche (tra cui Adidas, Uniqlo, Calvin Klein, H&M, Abercrombie&Fitch, Lacoste, Converse, Nike e Ralph Lauren) e acquistati in 18 Paesi del mondo (tra cui anche l'Italia): ben 52 dei 78 capi analizzati presentavano tracce di nonifenoli etossilati (Npe), composti chimici utilizzati come detergenti nell'industria tessili ma che, una volta rilasciati in ambiente, si trasformano in nonilfenolo (Np).

Si tratta di un composto che ha proprietà dannose per il sistema ormonale dell'uomo ed ha -inoltre- una composizione chimica tale da tendere ad accumularsi negli organismi, lungo la catena alimentare (il ben noto processo di bioaccumulazione).

Greenpeace: "Il nonifenolo è un distruttore endocrino, può contaminare la catena alimentare e accumularsi negli organismi viventi, mettendo a rischio la loro fertilità, il sistema riproduttivo e la crescita”.

Una qualche reazione ai report proviene da Nike e Puma, che si sono impegnate a eliminare entro il 2020 tutte le sostanze pericolose dai loro prodotti ma il quadro complessivo è davvero desolante, sia per la salute dell’uomo che per l’ambiente.

 

Lo Staff di Rete Clima®

 

Qui il link ad un altro recente report di Greenpeace sui "danni sommersi", cioè i danni non visibili provocati sulle aree del mondo dove sono delocalizzate le produzioni occidentali

Dopo il recente report “Dirty Laundry: Unravelling the corporate connections to industrial water pollution in China" in cui Greenpeace denunciava il problema dell'inquinamento dei fiumi cinesi causato dagli scarichi tossici dell'industria tessile che produce anche per l’estero (con il coinvolgimento delle produzioni destinate a marche sportive internazionali tra cui Abercrombie & Fitch, Adidas, Bauer Hockey, Calvin Klein, Converse, Cortefiel, H&M, Lacoste, Li Ning, Meters/bonwe, Nike, Phillips-Van Heusen Corporation (PVH Corp), Puma e Youngor) ecco un nuovo report di Greenpeace sui danni ambientali delle “nostre” produzioni occidentali delocalizzate in Cina.

 

Si tratta di una pratica produttiva ormai affermata, al fine dell’abbattimento dei costi della manodopera, dei costi per la sicurezza e per evitare i controlli sulla catena produttiva presenti nei paesi occidentali: ma questa pratica, oltre a delocalizzare le produzioni, “delocalizza anche la contabilità dei gas serra” per cui i Paesi occidentali sembrano essere più virtuosi di quello che sono a livello di riduzione delle proprie emissioni climalteranti.

 

Ma venendo al nuovo report, chiamato "Panni sporchi 2" e recentemente presentato a Pechino, questo offre un quadro altrettanto desolante circa la presenza di sostanze dannose dentro i vestiti, capi sportivi e calzature prodotti nel sud est asiatico (Cina, Vietnam, Malesia e Filippine) anche per conto di grandi case internazionali.

 

Greenpeace ha infatti analizzato prodotti d’abbigliamento realizzati anche per conto delle più famose marche (tra cui Adidas, Uniqlo, Calvin Klein, H&M, Abercrombie&Fitch, Lacoste, Converse, Nike e Ralph Lauren) e acquistati in 18 Paesi del mondo (tra cui anche l'Italia): ben 52 dei 78 capi analizzati presentavano tracce di nonifenoli etossilati (Npe), composti chimici utilizzati come detergenti nell'industria tessili ma che, una volta rilasciati in ambiente, si trasformano in nonilfenolo (Np).

Si tratta di un comporto che ha proprietà dannose per il sistema ormonale dell'uomo ed inoltre la sua composizione chimica è tale che fa sì che esso non si degradi facilmente, tendendo invece ad accumularsi lungo la catena alimentare (il ben noto processo della bioaccumulazione).

 

Greenpeace: "Il nonifenolo è un distruttore endocrino, può contaminare la catena alimentare e accumularsi negli organismi viventi, mettendo a rischio la loro fertilità, il sistema riproduttivo e la crescita”.

 

Una qualche reazione al report proviene da Nike e Puma, che si sono impegnate a eliminare entro il 2020 tutte le sostanze pericolose dai loro prodotti ma il quadro complessivo è davvero desolante, sia per la salute dell’uomo che per l’ambiente.

 

 

Lo Staff di Rete Clima