Sostenibilità: come viene percepita dai dirigenti delle Aziende europee?

Nei mesi scorsi sono stati resi noti i risultati dell’indagine “Sustainable Leadership in Europe”, un'indagine mirata a sondare il livello di preparazione e conoscenza dei dirigenti europei sul tema della sostenibilità.

Tale inchiesta ha coinvolto più di 1.500 manager dei principali Paesi europei quali Italia, Francia, Germania, Danimarca, Spagna e Polonia.

I risultati sono stati incoraggianti, anche se serve fare una precisazione. Se da una parte i manager europei hanno infatti mostrato consapevolezza circa l’urgenza di implementare un modello socio-economico più sostenibile, dall’altra incontrano due problemi nel tradurre questi intenti in realtà: in primo luogo la mancanza di competenze in materia di "leadership sostenibile", che li rendano capaci di guidare veramente il cambiamento verso modelli di business più rispettosi dell’ambiente, in secondo luogo lacune nelle conoscenze ambientali di base e nei concetti chiave.

Questo secondo aspetto presenta però alcune eccezioni: secondo la ricerca esiste infatti una buona preparazione da parte dei dirigenti d’azienda su due macroaree di interesse quali i marchi di sostenibilità per le imprese e le tematiche riconducibili all’Accordo di Parigi.

Come sappiamo, l’accordo siglato nel 2015 a Parigi prevedeva di introdurre una serie di interventi per far sì che l’incremento della temperatura media globale fosse contenuto entro i +2 °C entro la fine del secolo, con l'ambizione di non superare i + 1,5 °C.

Gli sforzi fatti finora per ridurre i gas serra per il momento non sembrano assicurare il raggiungimento di questo obiettivo nei tempi stabiliti, tanto che le stesse Nazioni Unite hanno chiesto ai principali Paesi industrializzati di rivedere le proprie INDC (Intended Nationally Determined Contribution) in vista della prossima Cop26, la conferenza mondiale sul clima in programma nel Regno Unito per il prossimo dicembre 2021.

Secondo lo studio sopra citato è facile comprendere il motivo per cui i dirigenti europei, pur avendo una formazione specifica non particolarmente approfondita, si siano dimostrati particolarmente attenti sul tema climatico: al di là infatti del sensibile aumento dell’attenzione di ogni settore produttivo verso il rischio collegato al riscaldamento climatico globale, è relativamente diffusa la consapevolezza per cui il mancato raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi porterebbe danni enormi al sistema economico globale.

Un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Tecnologia di Pechino e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature, ha infatti reso noto che fallire gli obiettivi potrebbe portare -nel peggiore degli scenari- a danni complessivi stimati intorno ai 790mila miliardi di dollari.

Se invece gli obiettivi dell’Accordo di Parigi fossero raggiunti, il vantaggio economico per l’economia mondiale sarebbe ingente, stimato tra i 366 mila e i 422 mila miliardi di dollari.

Una forbice impressionante, che ovviamente non può lasciare indifferente la classe dirigente dei Paesi più industrializzati, chiamata a dare da subito risposte competenti e forti per orientare il cambiamento verso nuovi modelli socioeconomici basati sulla sostenibilità.