Clima, l’85% degli europei chiede maggiore azione verso il clima, ma il Green Deal rallenta

Clima, l’85% degli europei chiede maggiore azione verso il clima, ma il Green Deal rallenta

Secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro sul clima, condotto su oltre 26.000 cittadini nei 27 Stati membri dell’UE, emerge un chiaro messaggio: la schiacciante maggioranza della popolazione europea ritiene il cambiamento climatico un problema prioritario.

L’85% degli intervistati lo considera infatti una seria minaccia globale, una percentuale similare di intervistati è convinta del fatto che il suo contrasto sia fondamentale per migliorare salute pubblica e qualità della vita.

Nonostante questo forte consenso, il futuro dello European Green Deal appare incerto: l’ambizioso piano europeo per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, fiore all’occhiello del primo mandato della Commissione von der Leyen, sta perdendo slancio.

Da Bruxelles arrivano infatti segnali preoccupanti, si moltiplicano i rinvii e le marce indietro come il recente ritiro della direttiva anti-greenwashing da parte della Commissione europea, proprio alla fine del suo iter legislativo.

Anche la Direttiva 2025/794, che posticipa l’applicazione delle regole su sostenibilità e due diligence aziendale, conferma un cambio di rotta non positivo per clima e ambiente.

La Commissione sembra oggi più focalizzata sulla competitività industriale, sulla difesa e sulla semplificazione normativa, lasciando in secondo piano la transizione ecologica.

Green deal europa
Fonte:pexels.com

Obiettivo 2040: -90% emissioni, ma con molte clausole

La nuova proposta della Commissione, presentata la scorsa settimana, fissa un target di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990.

Accanto a questo obiettivo ambizioso si moltiplicano le clausole di flessibilità e i meccanismi di compensazione, che possono essere lette sia come aiuto al raggiungimento degli obiettivi climatici, sia però come soluzione di disimpegno interno.

Stiamo parlando, ad esempio, della possibilità per gli Stati membri di acquistare crediti di carbonio all’estero (anche se solo fino ad un tetto del 3% delle emissioni complessive), o di bilanciare mancate riduzioni in un settore con miglioramenti in altri comparti.

Se da un lato questo approccio più pragmatico mira a facilitare il consenso politico, dall’altro rischia di diluire l’efficacia complessiva delle politiche climatiche europee, aumentando la frammentazione tra Paesi membri.

La vicepresidente della Commissione con delega alla Transizione verde, Teresa Ribera, ha definito queste scelte “un atto di codardia politica”, avvertendo che “è in gioco la credibilità climatica dell’UE”.

 Un’opinione pubblica pronta all’azione, ma la politica tentenna

Il contrasto tra un’opinione pubblica sempre più consapevole e una politica sempre più prudente è evidente.

In questo scenario, il settore privato potrebbe diventare uno degli attori principali per guidare e supportare un cambiamento sempre più necessario.