Profughi ambientali e profughi climatici: report di Legambiente

In occasione della prima giornata di Terra Futura (mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità) Legambiente ha presentato il dossier “Profughi ambientali - Cambiamento climatico e migrazioni”: se le stime odierne quantificano in almeno 50 milioni le persone costrette all’esodo forzato a causa dei cambiamenti climatici, il dossier stima che nel 2050 questi “profughi ambientali” potrebbero diventare oltre 200 milioni.

Ma chi sono i profughi ambientali? Sono i “nuovi migranti”, costretti a lasciare la propria casa e le proprie terre a causa degli effetti dei cambiamenti climatici diventati ormai insostenibili: si passa dalla desertificazione e dalla siccità, allo scioglimento dei ghiacciai e la crescita dei livelli del mare, agli eventi meteorologici estremi (come alluvioni e uragani) o alle guerre per il controllo delle sempre più preziose (e limitate) materie prime. 

Nel dossier di Legambiente si parla di una vera e propria emergenza umanitaria, causata dal riscaldamento globale: secondo il dossier, se fino a qualche anno fa la principale causa delle emigrazioni di massa erano le guerre, oggi e –ancor più- domani sarà invece il global warming a rappresentare la prima causa di migrazione forzata nel mondo.

Ed ecco i dati del dossier: nel 2008 i profughi in fuga da guerre e violenze sono stati 4,6 i milioni nel Mondo, a fronte di 20 milioni le persone costrette a spostarsi -temporaneamente o definitivamente- in seguito a eventi meteorologici estremi.

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l’International Organization for Migration (IOM) entro il 2050 si raggiungeranno, quindi, i 200/250 milioni di persone coinvolte nella migrazione forzata dal clima, con una media di 6 milioni di uomini e donne costretti ogni anno a lasciare i propri territori. 

Maurizio Gubbiotti (Coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente): “Nonostante l’emergenza umanitaria ormai evidente a livello internazionale, dal punto di vista giuridico i profughi ambientali non esistono, non essendo stati riconosciuti come “rifugiati” dalla Convenzione di Ginevra del 1951, né dal suo Protocollo supplementare del 1967” (….) “La soluzione del problema dei nuovi migranti  necessariamente passa dunque per il riconoscimento del  loro diritto a godere del sistema di protezione internazionale accordato a profughi e richiedenti asilo”.

Gli effetti del clima che cambia e che danneggia il territorio si stanno avvertendo ovunque (leggi quiqui): dalle piccole isole dell’Oceano Pacifico ed Indiano (leggi qui) al nostro Paese, dove desertificazione ed innalzamento del livello dei mari sta generando alcune problematiche: il 27% del territorio nazionale rischia di trasformarsi in deserto, con danni riscontrabili soprattutto nel sud del paese.

Dal dossier di Legambiente: “La Puglia è la regione più esposta con il 60% della sua superficie, seguita da Basilicata (54%), Sicilia (47%) e Sardegna (31%). Ma sono a rischio anche le piccole isole. Secondo l’ultimo Rapporto Enea disponibile le regioni considerate più a rischio sono: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Particolarmente grave è il caso della Sardegna, dove risulta essere già colpito l’11% del territorio regionale. A forte rischio anche la Sicilia, nelle zone interne della provincia di Caltanissetta, Enna e Catania e lungo la costa agrigentina, e la Puglia, dove solo il 7% del territorio regionale non è affetto dal rischio deserto, mentre il 93% è mediamente sensibile (47,7%) e molto sensibile (45,6%)”.

E allora ci sembra ancor più sensato contrastare i cambiamenti climatici attraverso interventi locali capaci di positivi effetti climatici glocali (globali e locali).


Lo Staff di Rete Clima®