Il “tappo” sul pozzo della Bp

Nel Golfo del Messico è stato posizionato nei giorni scorsi un nuovo tappo, che però perde e quindi c’è ancora rilascio di petrolio: la situazione complessiva è difficile, dato che c’è possibilità che il pozzo sia caratterizzato da crepe profonde, che potrebbero dare origine a perdite multiple dal sottosuolo non controllabili.

Infatti il timore, espresso da più parti è che il petrolio e il gas, impediti ad uscire, trovino (o amplino) altre vie di fuga nel sottosuolo.

Ufficialmente la chiusura del tappo serve proprio a testare l’integrità del pozzo, e a regolarsi di conseguenza nell’uso dei relief well in corso di scavo (si tratta dei pozzi paralleli attraverso i quali si dovrebbe cercare di chiudere il pozzo che perde in maniera definitiva): è anche vero che l’aumento della pressione nel pozzo dovuta all’azione di chiusura del tappo, potrebbe appunto originare enormi rilasci diffusi dal fondo del mare.

Si noti che lo scavo dei relief well, che ormai sono molto vicini a congiungersi col pozzo fuori controllo, è stato interrotto proprio a causa del test di integrità: evidentemente si temono (anche solo in via precauzionale) crepe nel sottosuolo che arrivino fino ai relief well, rendendoli di fatto inservibili e ingestibili.

I media più importanti degli USA, normalmente molto prudenti nel parlare della faccenda, stanno parlato apertamente in queste ore di tutte queste possibilità anche molto negative: qui Usa Today, Finantial Times e Wall Street Journal.

Mentre lo scavo dei relief well è ormai fermo, la Bp si sta attrezzando per portare in superficie 80.000 barili al giorno (più dei 60.000 che costituiscono la stima massima ufficiale della perdita), ma le navi cisterna arriveranno sul posto solo nel fine settimana: già questo dato è una chiara ammissione del fatto che il petrolio esce dal pozzo in grande quantità.

In tutto questo manca di raccontare del corexit e dei suoi effetti sulla salute degli ecosistemi locali e dell’uomo (qui nuove notizie).


Lo Staff di Rete Clima®