Cop 16 di Cancun: sintesi dei risultati (bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?)

Per chi si aspettava un vertice con impegni importanti e vincolanti, la Cop 16 di Cancun è stata sicuramente di scarsa portata, mentre per chi temeva uno stallo negoziale in campo climatico la Conferenza messicana è stata un risultato alla “meno peggio”.

Anche perché il rischio grande e reale era il fallimento dei seppur minimi accordi di Copenhagen, quindi un mezzo accordo come quello partorito a Cancun è stato letto da molti come un bicchiere mezzo pieno.

E’ stata quindi la sostanziale assenza di ambizioni ad aver determinato il non-insuccesso di Cancun.

Connie Hedegaard (Commissario europeo per il clima): “Già alla vigilia sapevamo che l'obiettivo di un trattato non era alla portata di questo vertice ma alla fine quel che conta è la volontà comune di limitare l'aumento della temperatura media planetaria entro i 2 gradi” (…) “Le decisioni prese oggi trasferiscono quegli impegni nel sistema delle Nazioni Unite”.

Tuttavia il vero successo della Cop 16 di Cancun è forse più simbolico che reale: non c’è infatti alcuna novità riguardo al futuro degli obblighi vincolanti di riduzione delle emissioni del Protocollo di Kyoto, né tantomeno sullo schema di impegni e azioni in ambito Convenzione, tanto che le decisioni finali della COP16 e CMP6 sostanzialmente formalizzano e recepiscono nel sistema UNFCCC il fallimento della COP 15 di Copenhagen.

E quindi forse la miglior sintesi  sul vertice di Cancún l’ha offerta l’altro Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa: “Il pianeta non è salvo. La faccia sì”.

Dopo lo straordinario insuccesso di Copenhagen, i negoziatori della conferenza messicana non avrebbero potuto permettersi un nuovo nulla di fatto, ma da Cancun le novità e i passi in avanti rispetto alla Cop 15 di Copenhagen 2009 sono comunque oggettivamente poche: molte questioni sono rimaste irrisolte ed è davvero difficile pensare che saranno risolte a Durban in Sud Africa alla fine del 2011 (considerato che si parla di queste problematiche dal 2005).

Ma cosa esce dalla Cop 16? A Cancun i Governi firmatari del Protocollo di Kyoto hanno riconosciuto il divario tra i loro deboli attuali impegni e quelli necessari per mantenere la temperatura globale sotto i due gradi centigradi, stabilendo che bisognerà tagliare le emissioni di gas serra dal 20% al 40% al 2020 (rispetto al 1990).  

Il piano resta però circoscritto al club di Kyoto escludendo così dallo sforzo gli Stati Uniti che non hanno mai sottoscritto il Protocollo oltre a  Cina e India che, pur avendo sottoscritto l’intesa, possono operare in regime di deroga.

Le Parti hanno anche stabilito che verrà istituito un Fondo per il Clima al fine di erogare finanziamenti per 10 miliardi di dollari l'anno (che arriveranno a 100 miliardi l'anno nel 2020) ai paesi in via di sviluppo per il trasferimento di tecnologie pulite e per fermare la deforestazione, senza peraltro stabilire come recuperare questo denaro e le modalità di spesa.

Tra le ipotesi ventilate c’è quella di creare un sistema di prelievi imposti al settore internazionale dei trasporti aerei e marittimi, attualmente non regolamentato, pari all’8% delle  emissioni globali, che potrebbe garantire miliardi di dollari di finanziamenti nel lungo periodo.

Tra le poche novità, finalmente l’introduzione del meccanismo REDD+ (Reduction of Emissions from Deforestation and Forest Degradation) che contribuirà all’avvio di un nuovo tipo di cooperazione internazionale nel settore forestale, nonostante non siano stati definiti i dettagli del supporto economico dai paesi donatori ai paesi in via di sviluppo.

Nessuna decisione –invece- riguardo al secondo periodo adempimento del Protocollo di Kyoto che -al contrario di quanto scritto da molti- non morirà il 31 dicembre 2012.

Le sue istituzioni, regole e meccanismi continueranno a funzionare a prescindere, in quanto parte di un trattato internazionale: il Protocollo di Kyoto cesserà di esistere solo nel caso in cui le Parti decideranno di sostituirlo con un nuovo accordo,  quindi, ci si trova di fronte ad un ulteriore assurdo rinvio per il futuro degli obblighi vincolanti di riduzione dei gas ad effetto serra (legati al PK).

Nessuna decisione relativa all’anno base di riferimento, come molti nodi irrisolti permangono in tema di meccanismi flessibili e attività di uso del suolo, cambio d’uso del suolo e forestazione. Nessun taglio alle emissioni quindi, e tanto meno nessuna chiarezza sul futuro del Protocollo di Kyoto. A parte il già citato meccanismo REDD+ la Convenzione a Cancun ha generato il Green Climate Fund, gestito per almeno i primi quattro anni dalla Banca Mondiale, le cui regole operative devono ancora essere definite.

Nessuna indicazione precisa del taglio globale delle emissioni e solo un altro riferimento al limite dei 2 gradi centigradi da rispettare, non si sa bene come e da chi.

Riguardo ai tagli delle emissioni dei paesi industrializzati, esercizio analogo al Protocollo di Kyoto di cui sopra, con il richiamo delle dichiarazioni di intento unilaterali del dopo Copenhagen, l’organizzazione di un workshop e il commissionamento di un rapporto relativi al contributo dei meccanismi flessibili e delle foreste nel conteggio di tali impegni. Per i paesi in via di sviluppo la conferma della creazione di un registro con le informazioni relative alle azioni di mitigazione di tipo volontario.

Secondo quanto stimato dal Climate Action Tracker le proposte attuali di riduzione delle emissioni lascerebbero comunque un gap di 12 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente all’anno entro il 2020 rispetto alla riduzione globale richiesta per non superare il limite dei + 2 °C.

Quello che si teme è che il limite dei + 2°C non possa più essere raggiungibile, e che entro il 2050 si possa arrivare fino ai catastrofici + 4°C.

Infine, il vertice di Cancun sarà sicuramente ricordato per lo sconvolgimento delle regole procedurali per l’adozione delle decisioni.

Per la prima volta nella storia della Convenzione ONU sul clima una decisione è stata adottata nonostante il dissenso esplicito di un Paese tanto piccolo quanto coraggioso (la Bolivia): questo è stato permesso grazie ad una forzatura della regola del consenso da parte della presidenza messicana che, se da una parte ha evitato un altro fallimento stile Copenhagen, dall’altra rappresenta un precedente che sicuramente avrà importanti conseguenze sul funzionamento delle prossime conferenze.

Qui le decisioni adottate dalla United Nations Framework Convention on Climate Change - Cop 16 (Cancun)

E la nostra posizione? Che Cancun è stata una occasione persa, un "bicchiere quasi vuoto".

 

Lo Staff di Rete Clima®