Serge Latouche: “L’invenzione dell’economia”

Su questo sito abbiamo già avuto occasione di parlare di Serge Latouche, il padre della teoria della decrescita: nel suo ultimo libro L'invenzione dell'economia, Latouche sembra aver voluto operare una complessiva precisazione di tutta la sua teoria, che in passato era stata oggetto di alcune critiche circa la sua applicabilità. Qui qualche suo passaggio del libro: "Sappiamo che la decrescita è anzitutto uno slogan e uno slogan provocatorio". Oppure: "Evidentemente sostenere la decrescita per la decrescita sarebbe insensato". 

Già da queste due semplici citazioni si capisce come nel libro ritornino le parole di qualche anno fa: "La parola decrescita, più che un concetto, è uno slogan, che serve per segnare una rottura con la religione della crescita. Se vogliamo essere rigorosi, allora dovremmo parlare di a-crescita. Dobbiamo diventare ateisti della crescita. Penso che mai come in questo momento sia assolutamente necessario, perché già superiamo di oltre il 30 per cento la capacità di rigenerazione della biosfera".

In questo libro che –a detta dello stesso autore- vorrebbe tentare di rappresentare la summa della sua intera attività intellettuale, viene affrontata la storia dell'economia sotto 3 angolature interdipendenti e complementari: l'invenzione teorica dell'economia, l'invenzione storica e, soprattutto,  l'invenzione semantica (che ha preceduto le altre).

Nell’ultimo Capitolo del libro (dal titolo: "Il crepuscolo dell'economia") Latouche descrive la fine del periodo economico moderno, costituito dall'era della decomposizione che stiamo vivendo oggi e che "un'epoca che forse non è la più importante, né la più interessante, ma l'unica che ci riguarda veramente perché siamo  gli attori e gli spettatori di questo ultimo atto. Quel che accadrà,  se riusciremo a lasciare ai nostri figli un mondo e un'umanità in grado di proseguire la propria storia, lo dovranno raccontare coloro che verranno dopo di noi".

Latouche ammette che il problema non è la crescita in quanto tale, ma l'idea di “crescita per la crescita”, paradigma che confonde il fine con il mezzo, ignorando i limiti fisici del pianeta Terra. E proprio a proposito di confusione tra fini e mezzi, ci sembra significativo fare riferimento alle parole del Consigliere economico del Presidente USA Eisenhower, che nel primo dopoguerra sosteneva che: "Lo scopo dell'economia americana è produrre più beni di consumo”. Pazzesco ma queste sono le basi culturali del modello economico cui apparteniamo, e che ci ha modellato perchè pensassimo di poter trovare la nostra soddisfazione nel consumare.

Latouche sostiene che si dovrebbe invece parlare di sostenibilità dei flussi di energia e di materia quale dinamica alla base di un nuovo modello di sviluppo in cui la qualità della vita, dell'ambiente, della socialità siano contabilizzati per il loro vero valore.

Latouche: "una società della decrescita (acrescita n.d.r.) dovrà organizzare la produzione della propria vita e per questo utilizzare in modo ragionevole le risorse del proprio ambiente”.

Si prospetta una “economia post-industriale, nella quale le persone sono riuscite a ridurre la loro dipendenza dal mercato, e ci sono riuscite proteggendo - con strumenti politici - una infrastruttura in cui tecniche e utensili srevono a creare valori d'uso non quantificati e non quantificabili da parte dei fabbricanti professionali di bisogni".

Dopo "l'acme della onnimercificazione del mondo (…) dove le parole servono soltanto a far vendere" e dove il consumo è diventato "il combustibile di una pulsione ossessiva di cui siamo tossicodipendenti".
E per concludere: "la monetizzazione di tutto e di ogni cosa provoca il collasso delle significazioni" la "morte dell'economia e forse dell'umanità stessa".

E allora via con la decrescita (sostenibile).


Lo Staff di Rete Clima®