State of the World 2010

 Cambiare la cultura, per poter uscire da un modello consumista che non tutela il Pianeta e –quindi- il futuro dell’uomo. Questo è quanto emerge dallo "State of the World 2010", del Worldwatch Institute, una vera e propria denuncia circa la non-sostenibilità del modello di produzione e consumo moderno, una “bomba culturale che esplode con forza devastante”.

Il report parla del fallimento della cultura del consumismo, basata sull’individualismo, sulla massimizzazione dei profitti, oltre che sulla convinzione per cui la realizzazione personale sta in ciò che si ha. Questa cultura ha generato una quantità di problemi apparentemente insolubili: la crisi climatica, le ineguaglianze tra gli individui e gli stati e un’insopportabile infelicità legata al nostro stile di vita. L’overview al report inizia, infatti, dicendo che: "Molti dei problemi ambientali e sociali che oggi affrontiamo sono sintomi di un profondo fallimento del sistema: un paradigma culturale dominante che incoraggia l’uomo a vivere in modi che spesso sono in aperto contrasto con la realtà di un Pianeta che è limitato. Questo paradigma, tipicamente definito come ‘cultura consumistica’ è già diffuso in oltre due miliardi di persone e ha portato a livelli di consumo che sono di gran lunga insostenibili". Oggi si estraggono in totale 60 miliardi di tonnellate di risorse l’anno: circa il 50% in più rispetto a solo 30 anni fa. Dal 1950  ad oggi (2005) la produzione di metalli è aumentata di 6 volte, l’estrazione di petrolio di 8 e quella di gas naturale di 14. Ogni giorno il cittadino europeo medio usa 43 chilogrammi di risorse e un americano 88: a livello globale, l’umanità preleva ogni giorno dalla Terra risorse con le quali si potrebbero costruire 112 Empire State Building, grattacielo alto 381 metri con un peso stimato in 275mila tonnellate. Nel solo 2008, sono stati acquistati nel Mondo 68 milioni di autoveicoli: tradotto in termini pratici "per i sistemi naturali del pianeta terra gli stili di vita, in particolar modo americano ed europeo, sono semplicemente improponibili”. Per Erik Assadourian, Direttore di State of the World, il problema è che: "in tutto il mondo si è sempre più orientati al consumismo, e tanto più il consumismo si impone, più si perde il senso del mondo naturale". Così "gli effetti collaterali del consumismo -cambiamenti climatici, inquinamento dell'aria e uso irrazionale dell'energia- aumentano". "Non sorprende" che l'1% degli indiani più ricchi (circa 10 milioni di individui), siano oggi responsabili dell'emissione di 5 tonnellate di emissioni di CO2, un quinto delle emissioni pro-capite statunitensi, ma il doppio del livello medio di 2,5 tonnellate pro-capite necessario per mantenere l'aumento delle temperature sotto i 2 gradi". Ma è necessario un cambiamento culturale radicale, che permetta agli uomini di superare questo sistema socio-economico che abbiamo sviluppato nel tempo. Il report del WWI sostiene che gli esseri umani si sono sempre strutturati in sistemi culturali che li hanno plasmati e vincolati nelle varie epoche della propria storia: norme, simboli, valori e tradizioni culturali che nel corso della vita di un individuo diventano “naturali”. Secondo questa logica, ad esempio, chiedere oggi a chi vive in una cultura consumista di limitare i propri consumi è come chiedergli di smettere di respirare: per evitare il collasso della civiltà umana è quindi indispensabile una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti oggi orientati al consumismo. Questa è con ogni probabilità la sfida più significativa ed importante per l'intera umanità. Saranno necessari decenni d'impegno ai "pionieri culturali" per reindirizzare le istituzioni chiave della formazione culturale, quali istruzione, economia, governo, media e anche i movimenti sociali e le tradizioni umane consolidate. Ma è uno sforzo necessario: "Con gli attuali 6,8 miliardi di individui del pianeta, i moderni modelli di consumo, anche a livelli relativamente bassi, non sono sostenibili". E’ necessaria una "inversione culturale" al fine di "sostenere un modello di sviluppo che abbia una maggiore impronta ecologica", aggiunge Assadourian. Un tale mutamento "rimodellerebbe a livello globale il modo di vivere dell'uomo".

Serge Latouche parla di decrescita sostenibile (e felice).

 

Lo Staff di Rete ClimaTM

 

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