Una mappa globale sui rischi dei cambiamenti climatici e sulla vulnerabilità socio economica

Il nuovo Climate Change Vulnerability Index (Ccvi) contenuto nel quarto "Climate Change and Environment Risk Atlas" della Maplecroft  classifica la vulnerabilità delle diverse aree del mondo rispetto ai cambiamenti climatici.

Lo scopo è quello di favorire la messa in atto di politiche locali di adattamento, ma anche di poter prevedere le conseguenze sull'economia mondiale che potrebbero derivare dai disastri ambientali in Paesi (asiatici) sempre più centrali per l’economia globale e che stanno attirando notevoli investimenti a livello mondiale.


Se le aree maggiormente esposte ai rischi climatici sono infatti quelle asiatiche, dal report si verifica però che i rischi climatici sono estesi a tutti i Paesi del mondo, Europa ed Italia compresi, anche se con livelli di rischio diversi.

Dal report: “Eventi come l'uragano Katrina evidenziano come anche i Paesi economicamente più forti e con una grande capacità di adattamento possono trovarsi estremamente vulnerabili agli eventi climatici”.

I fattori che Maplecroft considera per determinare le zone dove gli impatti dei cambiamenti climatici saranno più rilevanti sono innanzitutto le conseguenze metereologiche del riscaldamento climatico (come aumento di fenomeni meteorologici estremi quali siccità, alluvioni, inondazioni) rapportati a fattori che possono amplificare la vulnerabilità a questi impatti da parte del contesto socio ambientale: si parla, per esempio, di  come dinamiche demografiche, sviluppo economico, risorse naturali, dipendenza dall'agricoltura, possibili conflitti, azioni di adattamento.

E nel report i valori più alti di Ccvi sono attribuiti proprio ai Paesi con la più rapida crescita di popolazione, spesso classificati come a "rischio estremo" (il più alto livello di rischio): si parla di Paesi come (in ordine di rischio) Haiti, Bangladesh, Sierra Leone, Zimbabwe, Madagascar, Cambogia, Mozambico, Repubblica democratica del Congo, Malawi e Filippine.

Dal report: “Alcune delle popolazioni in più rapida crescita al mondo sono sempre più a rischio per gli impatti dei cambiamenti climatici e per i rischi naturali a loro collegati, compreso l'aumento del livello del mare”. (…) “Tra questi il Bangladesh e le Filippine sono tra le economie a più rapida crescita al mondo con tassi di crescita rispettivamente del 6,6 e del 5% annuo”.

Questo dato si collega con l’altro recentissimo report dell’ONU ("State of the World's Population Report 2011") che rivela che la popolazione mondiale ha raggiunto 7 miliardi di persone, fattore che secondo l'atlante del rischio Maplecroft è la sfida più grande per l’umanità (insieme, ovviamente, al cambiamento climatico). Dal report: “Il cambiamento climatico e la crescita della popolazione costituiscono le due più grandi sfide che attendono il mondo nel prossimo secolo”.

Analizzando l’informazione del report su scala intra nazionale (locale), emergono anche altre indicazioni interessati circa l’elevato livello di vulnerabilità ai cambiamenti climatici da parte delle megalopoli dell'Asia. Delle 20 città del mondo in più rapida crescita 6 sono classificate a "rischio estremo", comprese le grandi megalopoli asiatiche quali Calcutta, Manila, Jakarta, Dhaka e Chittagong (Bangladesh): ad un livello di rischio leggermente inferiore (“alto rischio”) Addis Abeba, Guangdong, Mumbai, Delhi, Chennai, Karachi e Lagos.

Charlie Beldon (analista ambientale di Maplecroft): “Città come Manila, Giacarta e Calcutta sono centri vitali per la crescita economica nei principali mercati emergenti, ma ondate di calore, inondazioni, scarsità d'acqua e tempeste sempre più gravi e frequenti possono anche aumentare i cambiamenti climatici che le colpiscono. Un impatto di questo tipo potrebbe avere conseguenze di vasta portata, non solo per le popolazioni locali, ma per il lavoro, le economie nazionali e sui bilanci degli investitori di tutto il mondo, in particolare perché l'importanza economica di queste nazioni è destinata ad aumentare in modo fortissimo”.

Giusto come esempio si può prendere la Thailandia, in questi giorni alle prese con una gravissima alluvione che è costata al Paese 350 morti e -secondo le previsioni- circa 6,5 miliardi di dollari per l’interruzione delle esportazioni di riso decorticato e di tecnologia informatica. Dal report: “Di fronte alle interferenze dei cambiamenti climatici con le catene di approvvigionamento globali, le imprese e gli investitori farebbero bene a imparare dall'esperienza del recente alluvione in Thailandia”.

Se l’Asia è il continente che sta peggio, i Paesi con i migliori livelli di rischio climatico si trovano nel Nord Europa, con Islanda, Finlandia, Irlanda, Svezia e Norvegia tra i primi 10.

E l’Italia? Sulla mappa della vulnerabilità agli effetti del cambiamento climatico il nostro Paese ha diverse zone scure, che indicano le aree che subiranno maggiormente degli effetti del caos climatico. Che potrà davvro portare a mille diverse conseguenze.

 

Lo Staff di Rete Clima®