Climate Risk Index 2026: il riscaldamento climatico tra i rischi principali

Climate Risk Index 2026: il riscaldamento climatico tra i rischi principali

50 morti e centinaia di migliaia di sfollati, migliaia di case distrutte tra Giamaica e altre isole dei Caraibi: questa l’eredità di Melissa, l’uragano che ha raggiunto categoria 5 (la massima possibile), con venti fino a 300 km/h.

Talmaegi e Fung-Wong sono invece gli ultimi due tifoni (nel solo 2025 ce ne sono stati ben 21) che hanno devastato le Filippine nelle scorse settimane, provocando una decina di morti e portando all’evacuazione di 1 milione e 400 mila persone con danni stimati in oltre 4 miliardi di dollari.

Sono numeri davvero impressionanti, che vanno a confermare un trend che pone le Filippine tra i Paesi più colpiti da eventi estremi negli ultimi anni, così come riportato nel “Climate Risk Index 2026” presentato nel corso della COP 30 in corso a Belém che certifica in modo chiaro come uragani, tifoni e altri eventi estremi stiano diventando sempre più frequenti e intensi così come i loro effetti devastanti.

Il Climate Risk Index, pubblicato fin dal 2006, è un report sugli impatti climatici basato su un indice retrospettivo, che classifica i Paesi del Mondo in base ai danni subiti a causa degli eventi meteorologici estremi (numero di vittime e in generale di persone colpite, danni economici).

Si tratta di una pubblicazione curata da Germanwatch, Organizzazione tedesca indipendente che si occupa di sviluppo, ambiente e diritti umani che in oltre 30 anni di attività di advocacy ha realizzato più di 650 progetti in tutto il mondo spesso risultando fondamentali nel contesto delle politiche di azione per il clima.

Il ranking stila una classifica dei Paesi sulla base degli impatti economici e umani subiti, mettendo nelle prime posizioni chi ha subito maggiormente forti piogge (heavy rainfalls), tempeste devastanti (devastating storms), inondazioni mortali (deadly floods)ma anche caldo torrido (Scorching heat) e incendi (raging wildfires) che abbiano avuto effetti devastanti per le comunità, situazione diventata oggi fin troppo comune in alcuni contesti.

Tra il 1995 e il 2024, il periodo coperto dall'analisi dell'indice che di fatto è anche il trentennio in cui si è provato ad attivare una risposta globale alla crisi climatica tramite le COP, gli oltre 9.700 eventi meteorologici estremi che si sono verificati hanno causato più di 832.000 vittime e hanno portato a perdite economiche dirette per quasi 4,5 trilioni di dollari (valori economici non attualizzati).

L’edizione 2026 del Climate Risk Index https://www.germanwatch.org/en/93310 sottolinea il costo crescente dell'inazione in termini economici ma soprattutto di perdite umane ed evidenzia come la frequenza e l’intensità degli eventi e, di conseguenza, i loro effetti devastanti siano in continuo aumento.

Il ranking appena pubblicato mostra come i Paesi più colpiti da eventi estremi nel corso del 2024 siano stati Saint Vincent e Grenadine, Grenada, Chad, Papua Nuova Guinea, Niger e Nepal.

Se la valutazione si allarga all’intero periodo considerato 1995-2024, ai primi posti si ritrovano Repubblica Domenicana, Myanmar, Honduras, Libia e Haiti.

L’Italia in questa classifica è al sedicesimo posto su 174 paesi mappati.

Il grafico mostra i 20 paesi più colpiti in questo periodo in base ai sei indicatori CRI analizzati (quali: * numero assoluto di vittime; * vittime ogni 100.000 abitanti; * numero assoluto di persone colpite; * persone colpite ogni 100.000 abitanti; * perdite economiche assolute; * perdite economiche relative [in percentuale del PIL]).

Gli eventi estremi hanno una intensità ed una frequenza ("tempo di ritorno") sempre più alta nei medesimi territori, che fanno sempre più fatica a riprendersi tra un evento e l’altro: in termini tecnici significa che l'aumento dei fenomeni estremi abbassa la resilienza dei territori.

Un esempio molto vicino a noi è quanto verificatosi in Emilia-Romagna con le due alluvioni della primavera 2023 e dell’autunno 2024.

Per questo motivo la COP30 si conferma essere un appuntamento fondamentale per il futuro delle nostre comunità.

Il contrasto alla crisi climatica deve passare sia attraverso la mitigazione, vale a dire la riduzione tendente all’azzeramento delle emissioni di gas serra, ma è sempre più importante che ad essa si affianchino azioni di adattamento vale a dire una risposta efficace agli effetti che non è possibile evitare.