Biodiversità e agricoltura

Biodiversità e agricoltura

La biodiversità è stata importante per l'agricoltura sin dall'inizio dei tempi.

Gli esseri umani hanno sfruttato la diversità genetica per le proprie coltivazioni. Anche senza comprendere la genetica, i primi agricoltori lo fecero semplicemente scegliendo di coltivare piante che producessero semi grandi e commestibili.

Man mano che queste piante si diffondevano in tutto il mondo, sviluppavano le proprie variazioni.

Proprio come le proprie controparti selvatiche, anche le colture dipendono dalla diversità genetica per i tratti che le aiutano a resistere alle malattie e a rimanere produttive sotto stress.

La variabilità genetica all'interno delle colture garantisce anche l'enorme varietà di alimenti di cui godiamo oggi: per gli stessi motivi è importante anche la biodiversità del bestiame, ci sono migliaia di razze storiche di suini, bovini, pollame e altri animali che sono uniche grazie al progressivo adattamento genetico ai loro propri ambienti.

Oggi questo patrimonio genetico si sta perdendo, a causa del sovrasfruttamento delle risorse e delle regole del mercato: le specie di cui ci nutriamo sono sempre meno a discapito di quelle realmente disponibili. Lo dice il report 2019 della FAO delle 6000 specie vegetali coltivabili, quelle prodotte effettivamente sono circa 200, e il 66% della produzione agricola globale è rappresentato da solo 9 specie.

Il mantenimento della biodiversità in natura e nelle colture ha benefici per l'azienda agricola. Anche se gestite dall'uomo, le fattorie devono essere considerate degli ecosistemi. Le piante, il suolo e gli animali dipendono l'uno dall'altro per i nutrienti e l'habitat: in un agro-ecosistema funzionale, i microbi del suolo sani forniscono nutrienti alle piante, i cui apparati radicali sono componenti fondamentali del suolo.

Le piante, a loro volta, forniscono cibo e habitat a insetti e uccelli utili che le impollinano e gestiscono i parassiti: il bestiame può riciclare parti rimanenti delle colture e fornire fertilizzante naturale a campi e pascoli attraverso il letame.

Gli agroecosistemi dipendono dalla diversità per rimanere in equilibrio e l'agricoltura industriale risulta essere un fattore disturbante.

Esistono numerosi modi in cui la biodiversità influisce sull'agricoltura.

Ecco i principali:

  • la biodiversità fornisce cibo alle persone, ad esempio attraverso la coltivazione dei raccolti e l'allevamento del bestiame.
  • la biodiversità fornisce materie prime per la produzione, ad esempio attraverso la coltivazione del cotone o la produzione di legname.
  • la biodiversità fornisce servizi ecosistemici come l'impollinazione e i parassiti che consentono alla produzione di continuare senza grossi problemi (ad esempio, erbacce o parassiti).

L’impatto dell’agricoltura sulla biodiversità

Secondo dati UNEP, il sistema alimentare globale è il motore principale della perdita di biodiversità, l'agricoltura da sola che rappresenta la minaccia identificata per 24.000 delle 28.000 (86%) specie a rischio di estinzione.

Il tasso globale di estinzione delle specie viventi è oggi superiore al tasso medio degli ultimi 10 milioni di anni.

Negli ultimi decenni i nostri sistemi alimentari hanno seguito il "paradigma del cibo più economico", con l'obiettivo di produrre più cibo a costi inferiori attraverso l'aumento di input di risorse quali fertilizzanti, pesticidi, energia, terra e acqua.

Questo paradigma porta a un circolo vizioso: il minor costo della produzione alimentare crea una maggiore domanda di cibo che deve anche essere prodotto a un costo inferiore, attraverso un maggior ricorso a pratiche agricole intensive e - in alcune zone del mondo - ad ulteriore deforestazione.

Gli impatti della produzione di più cibo a un costo inferiore non si limitano alla perdita di biodiversità: il sistema alimentare globale è uno delle principali cause del cambiamento climatico, rappresentando circa il 30% delle emissioni totali prodotte dall'uomo.

Secondo l’UNEP, una riforma dei sistemi alimentari è urgente e dovrebbe concentrarsi su tre azioni interdipendenti.

In primo luogo, i modelli alimentari globali devono spostarsi verso diete più ricche di vegetali, principalmente a causa dell'impatto sproporzionato dell'allevamento sulla biodiversità, sull'uso del suolo e sull'ambiente. Un tale cambiamento, unito alla riduzione dello spreco alimentare globale, ridurrebbe la domanda e la pressione sull'ambiente e sulla terra, gioverebbe alla salute delle popolazioni di tutto il mondo e contribuirebbe a ridurre il rischio di pandemie.

In secondo luogo, è necessario proteggere le aree naturali. I maggiori miglioramenti per la biodiversità si verificheranno a seguito del ripristino di interi ecosistemi: pertanto, dobbiamo evitare di convertire ad altri usi la terra destinata all'agricoltura. I cambiamenti nella dieta umana sono essenziali per preservare gli ecosistemi nativi esistenti e ripristinare quelli che sono stati rimossi o degradati.

In terzo luogo, dobbiamo coltivare in un modo più rispettoso della natura e della biodiversità, limitando l'uso di fattori di produzione e sostituendo la monocoltura con pratiche agricole policolturali.

Pratiche di agricoltura rigenerativa per migliorare la biodiversità

L'agricoltura rigenerativa è un approccio olistico all'agricoltura che si concentra sulla salute del suolo, delle piante e degli animali piuttosto che sui profitti a breve termine.

Implica pratiche come la rotazione delle colture, la copertura vegetale, il compostaggio e la gestione integrata dei parassiti. Le pratiche agricole rigenerative possono migliorare la biodiversità aumentando il numero di specie in un'area, aiutandole a prosperare e rendendola meno vulnerabile ai cambiamenti climatici. Le pratiche agricole rigenerative aumentano la fertilità del suolo perché restituiscono nutrienti al suolo invece di esaurirli attraverso fertilizzanti chimici o pesticidi.

Ciò porta a piante più sane che producono cibo più nutriente che può essere coltivato in meno spazio: ciò significa che sarà necessaria meno terra per l'agricoltura che sosterrà più habitat della fauna selvatica.

Articolo di Sara Moraca per Rete Clima.