La protezione del clima è un affare di tutti, anche del mondo business

Si è appena conclusa la sessione della Clinton global iniziative (Cgi) dedicata all'energia e all'ambiente.

Era presente anche Christiana Figueres, la segretaria esecutiva dell'UNFCCC (United Nations framework convention on climate change), che ha spiegato il motivo per cui la Convenzione dell'Onu per il clima non è riuscita a fare grandi progressi verso il raggiungimento di un accordo internazionale per il taglio di gas serra.

Secondo la Figueres le due principali ragioni dello stallo dei negoziati climatici sono le tensioni tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, oltre che il disinteresse delle imprese private che non stanno facendo molto per il clima.

Secondo la Figueres: “Le imprese non stanno prendendo provvedimenti abbastanza audaci per ridurre la loro carbon footprint (impronta di carbonio), perché restano in attesa che i governi passino alla realizzazione di un quadro normativo completo. E i governi si stanno guardando nervosamente i piedi, perché ‘il business non ci sta spingendo’. Siete voi a dover ballare un po' per primi, voi per primi...”.

La segretaria dei negoziati intergovernativi sul clima ha così mostrato di essere più che convinta che il business dovrebbe dimostrare subito la sua capacità di leadership per la protezione del clima.

Ha fatto l'esempio della rivoluzione della telefonia, che ha diffuso rapidamente e decentrato la moderna comunicazione: “Il primo cellulare è stato inventato nel 1973 e pesava 2,5 libbre. Entro la fine del 2010, ci saranno 5 miliardi di telefoni cellulari sul marcato, tutti che peseranno meno di 4 once”.

In Rete Clima® preferiamo pensare che nessun attore –statale ed imprenditoriale- balli da solo, quanto che si riesca a trovare un ruolo per ciascuno dentro azioni coordinate di lungo periodo: che possono essere definite solo dagli Stati nazionali, nell’ambito del loro ruolo di supervisione e coordinamento che lo stesso mercato riconosce loro.

Questi devono creare le condizioni perché il mercato si orienti verso attività ad elevato valore ambientale: ciò può essere realizzato attraverso –un esempio su tutti- politiche di incentivazione/tassazione chiare e di lungo periodo, per poter garantire una continuità nella redditività degli investimenti a quel mondo business (virtuoso) che ormai la chiede ad alta voce.

Conclude la Figueres: “La psicodinamica dei negoziati adesso si concentra sui costi della prevenzione del clima. Quali sono le opportunità di muoversi verso il futuro? Questa parte della conversazione non è presente. Inoltre è scomparso dai colloqui il guadagno che otterrebbero i governi investendo oggi miliardi in energie pulite e meno inquinanti, per evitare domani migliaia di miliardi in costi di mitigazione del clima. Abdicare alle responsabilità per la protezione del clima per il mercato rischia di farci portare nella direzione sbagliata da parte delle imprese, che sono necessariamente più concentrate sui loro ricavi trimestrali che sul futuro del pianeta”.


Lo Staff di Rete Clima®