Greenwashing: ecco il decreto nazionale che recepisce la direttiva UE. Cosa cambia per le Aziende italiane?

Greenwashing: ecco il decreto nazionale che recepisce la direttiva UE. Cosa cambia per le Aziende italiane?

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che recepisce la Direttiva (UE) 2024/825, dedicata alla “responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde”.

Si tratta di una approvazione “in esame preliminare”, utile a rendere pubblica la proposta e a consentire i passaggi consultivi obbligatori prima dell’adozione finale.

Il decreto si inserisce nella strategia europea per rafforzare la fiducia dei consumatori rispetto ai prodotti realmente più sostenibili, imponendo regole chiare sull’uso dei cosiddetti green claims, ovvero le dichiarazioni ambientali che le Aziende utilizzano per promuovere i propri prodotti a maggiore livello di eco-compatibilità.

Le nuove disposizioni riguardano tutte le imprese che comunicano vantaggi ambientali o sociali dei propri prodotti e proprie attività, sia nella pubblicità che nelle etichette o nella presentazione dei prodotti.

L’obiettivo è assicurare che ogni affermazione di carattere ambientale sia fondata su dati verificabili e non ingannevoli.

greenwashing green claims aziende

Un nuovo quadro contro il greenwashing delle Aziende scorrette

Il decreto stabilisce che le dichiarazioni ambientali dovranno essere chiare, pertinenti e supportate da prove scientifiche, preferibilmente basate su metodologie riconosciute a livello europeo.

Vengono vietate le asserzioni generiche come “eco-friendly”, “sostenibile” o “a impatto zero” se non accompagnate da informazioni specifiche che ne dimostrino la veridicità.

Sarà inoltre vietato comunicare la sostenibilità di un prodotto basandosi esclusivamente su un singolo aspetto o parte del ciclo di vita, ignorando impatti ambientali significativi di altre sue fasi produttive.

Il provvedimento, dunque, punta a contrastare i messaggi ambientali ingannevoli e a rafforzare la fiducia dei consumatori, oltre che a limitare il rischio di greenwashing.

greenwashing aziende

Opportunità per il Made in Italy sostenibile: i green claims delle Aziende

Il decreto deve essere visto anche come una tutela per le aziende virtuose: valorizza chi investe realmente in sostenibilità, proteggendolo da concorrenza sleale e messaggi ingannevoli.

Come sottolineato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), la trasparenza diventa così una leva strategica competitiva, in linea con la crescente sensibilità ambientale dei mercati europei.

Negli ultimi anni, infatti, la reputazione ambientale e sociale dei prodotti italiani è diventata un fattore chiave di differenziazione sui mercati internazionali.

Per molti settori, dall’agroalimentare al tessile, dal design alla cosmetica, all'agri-food la trasparenza diventa un marchio di qualità, capace di consolidare la fiducia dei consumatori e attrarre investitori sempre più attenti ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance).

greenwashing green claims aziende

In questo senso, il decreto può essere letto come un passaggio culturale, oltre che normativo: incoraggia le imprese a integrare la sostenibilità in modo strutturale, trasformando le dichiarazioni ambientali da semplici strumenti di marketing a elementi misurabili e verificabili della performance aziendale.

Le conseguenze per le aziende italiane

Le funzioni di marketing e comunicazione delle Aziende dovranno coordinarsi più strettamente con i reparti tecnici e con i consulenti ambientali, e dovranno integrare procedure di verifica interna e strumenti di analisi come la Life Cycle Assessment (LCA)

L'uso della tecnica dell'LCA permette di garantire che ogni messaggio pubblicitario sia supportato da dati di produzione verificabili e correttamente analizzati: avevamo già parlato dell’importanza dei green claims e dell’utilizzo di tecniche LCA in un nostro precedente articolo.

greenwashing green claims aziende

Chi non sarà in grado di dimostrare la veridicità delle proprie dichiarazioni, oltre ai danni reputazionali, rischia sanzioni amministrative proporzionate alla gravità e alla diffusione del messaggio ingannevole.

Anche prima dell’entrata in vigore di questo decreto, le autorità italiane hanno iniziato a intervenire contro comunicazioni ambientali ritenute fuorvianti.

Un caso significativo è quello di San Benedetto e il claim “CO₂ Impatto Zero”: in quel caso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha contestato il claim utilizzato dalla linea “Ecogreen” del marchio San Benedetto, ritenendolo troppo ambizioso e privo di adeguate evidenze scientifiche.  

L’azienda ha accettato di rimuovere lo slogan e le grafiche fortemente evocative, ha introdotto un QR code nelle etichette che rimanda a una sezione di sostenibilità con dati documentati, e ha ridefinito il proprio messaggio ambientale in “Il Nostro Impegno Concreto”.

Questo esempio dimostra concretamente che, anche senza un decreto ancora pienamente operativo, comunicazioni ambientali generiche possono già essere oggetto di intervento da parte delle autorità competenti con l’obiettivo di scoraggiare pratiche scorrette e tutelare i consumatori.