Rinnovabili: saprà l’Italia liberarsi dal gas russo?

Rinnovabili: saprà l’Italia liberarsi dal gas russo?

Gli eventi drammatici della guerra in Ucraina, uniti alla crisi dei prezzi del gas esplosa nella seconda metà del 2021, hanno acceso i riflettori sui rischi connessi alla dipendenza energetica dell’Europa e dell'Italia dall’estero, in particolare dalla Russia.

In piena transizione energetica, l’invasione russa dell'Ucraina potrebbe fungere da catalizzatore per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

Ma l’Europa, e l’Italia in particolare, sono pronte?

L’Italia è fra i Paesi con la più alta dipendenza energetica dall’estero

Secondo un’analisi condotta da “Italy for Climate”, nel 2021 il 77% del fabbisogno energetico italiano è stato soddisfatto dalle importazioni di combustibili fossili: solo il restante 23% viene soddisfatto dalla produzione nazionale, soprattutto grazie alle fonti rinnovabili.

Il 25% di tutti i nostri consumi di energia fossile dipendono proprio dalla Russia: dalla Russia importiamo non solo gas, ma anche petrolio e carbone.

Fonte: Italy for Climate

Tra tutti i Paesi europei, l'Italia è quello che fa più ricorso al gas naturale (che rappresenta il 42% del mix energetico nazionale): molto più di Francia (17%) e Germania (26%).

Solo il 5% del fabbisogno nazionale di fossili è prodotto sul suolo nazionale: l’Italia infatti non dispone di riserve particolarmente estese, accessibili ed economiche. Quindi, anche volendo puntare maggiormente sulla produzione domestica come proposto da più parti, potremmo arrivare a coprire solo qualche punto percentuale in più del nostro fabbisogno energetico e solo per pochi anni.

Il piano europeo REPowerEU

Come uscire da questa pericolosa dipendenza energetica dall’estero?

Come ha recentemente indicato la Commissione europea nel piano REPowerEU, in primo luogo sostituendo le fonti fossili con le fonti rinnovabili che, oltre a non emettere gas serra in fase di esercizio, sono anche “nazionali”: in secondo luogo riducendo il nostro fabbisogno complessivo di energia grazie a misure di efficienza energetica.

Le fonti energetiche rinnovabili in Italia  

Nel 2020 le rinnovabili hanno coperto il 45% del mix di generazione elettrica nazionale, mentre il gas il 42%.

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Dati GSE a consuntivo per 2019 e provvisori per il 2020

In Italia l’idroelettrico è l’energia pulita prevalente e la sua quota di produzione è rimasta costante nello scorso decennio.

Solare ed eolico sono le FER (fonti energetiche rinnovabili) su cui puntare perché presentano un enorme potenziale di crescita, anche grazie al crollo dei costi di generazione verificatosi negli ultimi anni.

Se guardiamo all’andamento dell’installato di eolico e fotovoltaico negli ultimi 7-8 anni, però, notiamo che la quota di nuova potenza elettrica installata ogni anno da queste fonti si è assestata su un valore medio molto basso, quando non è addirittura calata.

Rielaborazione da dati Annuario Statistico Terna

Tra il 2010 e il 2013 si è avuto un boom di installazioni di fotovoltaico, grazie soprattutto a meccanismi di incentivazione per la costruzione di nuovi impianti, i Conti Energia, che garantivano un contributo finanziario statale per ogni KWh immesso in rete dagli impianti connessi: ciò ha consentito loro di essere economicamente sostenibili anche in aree come il Nord Italia, con minore disponibilità di radiazione solare (e quindi con minore produzione elettrica).

La spesa pubblica per l'incentivazione è stata dunque importante quando la tecnologia dei pannelli solari era agli albori e i costi di generazione alti.

Purtroppo, venuti meno gli incentivi, negli ultimi sette anni la potenza FER installata è calata dalla media annuale di 5,9 GW del triennio 2010-2013 all’attuale 0,8 GW (2020): si tratta di un valore ben al disotto della media dei 4 GW previsti dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.

Gli obiettivi europei e il PNIEC

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Fonte: GSE

A fine 2019, è stato ultimato il “Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)”, documento che contiene gli obiettivi nazionali al 2030 e le relative misure per quanto concerne efficienza energetica, FER e riduzione delle emissioni di CO2.

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Fonte: PNIEC

Per quanto riguarda le rinnovabili, il PNIEC prevede che entro il 2030 raggiungano la quota del 30% nei consumi finali lordi di energia, e del 55% nel mix di produzione di elettricità italiano (tralasciando cioè la quota per la generazione termica e per i trasporti). Il contributo principale sarà a carico del fotovoltaico, che deve raggiungere una potenza di 52 GW (+31 GW dai 21 GW di fine 2020), seguito dall’eolico a circa 20GW (+9 GW da 11 GW nel 2020).

Per raggiungere l’obiettivo PNIEC al 2030, si dovrebbero installare dunque due volte e mezzo gli impianti fotovoltaici di oggi e due volte quelli eolici, triplicando il tasso attuale di installazione.

Obiettivi che, già così, appaiono decisamente sfidanti.

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Fonte : Energy and Strategy. Politecnico di Milano "Renewable Energy Report"

Il Green Deal e gli sviluppi futuri

In realtà, questi target sono già obsoleti.

Nel dicembre 2020 la Commissione ha presentato il Green Deal europeo. Con esso l’Europa si impegna ad azzerare le emissioni di gas climalteranti nette entro il 2050, passando per una riduzione intermedia di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nei piani europei, al 2030 le rinnovabili dovrebbero arrivare a coprire il 40% dei consumi finali lordi di energia (contro il precedente obiettivo EU del 32%).

Sarà quindi necessario riformulare in modo più ambizioso i target PNIEC, nonché tenere conto di un orizzonte temporale più ampio, che si estenda al 2050.

Nel PTE (Piano per la transizione ecologica), ancora all’esame delle Camere, il governo ha ipotizzato una crescita di 70 GW di potenza rinnovabile nel prossimo decennio, in modo da raggiungere il target del 72% di elettricità da rinnovabili al 2030, valore in linea con le stime fatte dalle associazioni dei produttori. 

Al momento, però, non esiste alcun aggiornamento ufficiale al PNIEC.

Gli ostacoli alla crescita delle rinnovabili

Ma perché dopo il 2013 la crescita delle rinnovabili si è arrestata? La crescente competitività delle rinnovabili (oggi la nuova fonte energetica più economica in assoluto per 2/3 della popolazione mondiale) indica che il ritiro del Conto Energia non sia l'unica causa.

I due principali motivi sono piuttosto la burocrazia e il Nimby/Nimto.

Le rinnovabili e la burocrazia

L’ostacolo principale all’espansione delle rinnovabili in Italia sembra essere la burocrazia, come riconosciuto con franchezza dallo stesso Mario Draghi.

Per approvare un parco eolico o fotovoltaico servono infatti cinque passaggi autorizzativi, a partire dal Ministero dell’ambiente fino alla licenza per il singolo impianto; ci sono poi altri sei passaggi per connetterlo alla rete di Terna. Occorrono cioè almeno 6-7 anni, quando tutto va bene: procedendo di questo passo, nel 2020 è stato installato solo l’1,3% delle domande di autorizzazione partite nel 2014.

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Rinnovabili e Nimby, Nimto

bloccare le rinnovabili ci sono poi i dinieghi delle Soprintendenze e del Ministero dei Beni Culturali, così come le moratorie delle Regioni e l’opposizione delle istituzioni locali e di alcuni comitati di cittadini, spesso descritte con i termini Nimby e Nimto

L’acronimo Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile), nato per descrivere il rifiuto da parte delle comunità locali verso nuove infrastrutture in un determinato territorio, illustra un fenomeno estremamente diffuso nel nostro paese, connesso alla difesa di specifici interessi locali contro l'interesse generale.

Spesso assume i connotati di una battaglia politica o ideologica, tanto che oggi i primi fautori di dinamiche Nimby sono proprio i politici locali: da qui il termine Nimto (Not in my terms of office, non durante il mio mandato elettorale).

Pannelli solari tradizionali di Engie (foto ufficio stampa)

Legambiente, in un report uscito a gennaio dall’emblematico titolo “Scacco matto alle rinnovabili”, riporta 20 storie simbolo di “ordinaria follia” nel blocco agli impianti rinnovabili.

Le motivazioni che stanno alla base dell’opposizione sono le più disparate: la difesa del paesaggio (anche quando si tratta di quello dell’ex Ilva), il pericolo per l’avifauna, l’occupazione di suolo sottratto alle aree agricole, il disturbo alle attività di pesca, e così via.

È possibile pensare all’indipendenza energetica italiana nell’arco di 10 anni?

Date queste premesse, sembrerebbe più che ovvio che le imprese private preferiscano investire altrove.

Certo, “se lo sviluppo delle rinnovabili fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010-2013, oggi l’Italia avrebbe 50 GW in più di impianti e sarebbe stata così in grado di ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, tagliando le importazioni di gas dalla Russia del 70%”, ricorda Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. 

Invece, al ritmo attuale di 0,8 GW di potenza installata all’anno, gli obiettivi del Green deal verrebbero raggiunti non prima del 2100!

A riprova della convenienza delle FER, mentre gli impianti non si installano, i progetti per provare a realizzarli crescono. I dati Terna 2021 in tema di richieste di connessione pendenti e in attesa di risposta, riportano un valore pari a ben 180 GW di potenza, con un incremento del 205% tra il 2018 e il 2020.

L’associazione di categoria Elettricità Futura - con oltre 500 imprese, rappresenta il 70% del mercato elettrico italiano - ha recentemente fatto appello al Governo e alle Regioni affinché rilascino entro giugno le autorizzazioni per 60 GW di rinnovabili, da installarsi nei prossimi tre anni. Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, crede che si possa riuscire a raggiungere l’indipendenza “elettrica” entro il 2030, ad un ritmo di nuove installazioni rinnovabili di 20 GW/anno.

Però “per riuscire a mantenere il ritmo di 20 GW all’anno occorre un’azione straordinaria di semplificazione e che le Regioni e le Soprintendenze diventino anch’esse promotrici dell’indipendenza energetica italiana”.

Eolico offshore. Fonte: Unsplash

Basta con le false soluzioni

Non solo, la politica deve finalmente lasciare da parte le false soluzioni. I problemi interconnessi dell’indipendenza energetica e del riscaldamento globale devono essere affrontati in modo strutturale:

“non con l’aumento della produzione nazionale dei pochi idrocarburi presenti nel sottosuolo […], ma con lo sviluppo delle rinnovabili, l’innovazione industriale e politiche di efficienza energetica” (Stefano Ciafani).

Diversificare i rifornimenti di gas e aumentare lo stoccaggio in vista dell’inverno, come proposto nel piano europeo REPowerEU, può essere una soluzione nell’immediato.

Inoltre, investimenti odierni nella costosissima infrastruttura del gas ci costringerebbero al suo utilizzo per decenni, ben oltre il periodo a cui dovrebbe essere destinato un cosiddetto "combustibile di transizione" (climatica). 

Ricordiamo però che il metano è un gas climalterante 28 volte più potente della CO2 e le perdite in atmosfera legate all'infrastruttura di estrazione e di trasporto sono enormi e spesso ancora non ben monitorate.

ET e PV per Rete Clima


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https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/energie-rinnovabili-perche-l-italia-indietro-tutti-ostacoli-impianti/4bfec1a8-3a5a-11ec-850c-0c14b1133c9c-va.shtml

https://www.valigiablu.it/rinnovabili-transizione-ecologica-impatti/