Australia: incendi e riscaldamento climatico

Australia: incendi e riscaldamento climatico

L'Australia brucia ormai da molti giorni, con incendi di portata incredibile che hanno già coinvolto oltre 8 milioni di ettari tra Nuovo Galles del Sud, Victoria, Sud Australia e Queensland, provocando la morte di decine di persone e di centinaia di migliaia di animali, colpendo pesantemente interi ecosistemi.

Se i fuochi del bush (tipico ecosistema australiano di savana semiarida con erbe, arbusti ed alberi radi), sono periodici e normali durante questo periodo dell'anno, gli incendi in corso coinvolgono aree ed estensioni totalmente inusuali.

Il ruolo del riscaldamento climatico in questo disastro è purtroppo chiaro ed inequivocabile: come peraltro confermato anche dai dati del servizio Copernicus appena diffusi, il 2019 è stato il secondo anno più caldo della storia e, per l’Australia, anche il più secco degli ultimi 110 anni (con il 33% in meno delle precipitazioni piovose).

Sempre in Australia le temperature medie nel corso del 2019 sono state 1,5 °C più alte rispetto alla media 1961-1990 e le massime più alte di oltre 2°C, con picchi di temperatura prossimi ai 50 °C: che quindi i fuochi siano divampati per cause naturali (fulmini) o che siano stati accidentalmente o criminalmente appiccati dall’uomo, questi hanno trovato condizioni ideali per la loro propagazione proprio a causa di un clima particolarmente arido e di un suolo coinvolto da una siccità molto importanti (in Australia).

Ma da questi incendi così estesi può nascere anche il rischio temporali, che possono paradossalmente aggravare la situazione: l’Ufficio Meteorologico dello stato di Victoria ha infatti comunicato che questi incendi sono così importanti che possono persino influenzare il tempo atmosferico, scatenando temporali che, anziché domare gli incendi, possono finire per innescarne altri per effetto dei fulmini.

E sempre a proposito di temporali e piogge, quando finalmente arriveranno le piogge potrebbero portare nuovi rischi dato che molto spesso lunghi periodi di siccità su scala continentale sono seguiti da precipitazioni torrenziali e inondazioni. Era già accaduto nel 2009, quando ad un periodo prolungato di siccità erano seguiti due anni di piogge eccezionali, che però oggi potranno colpire una regione con un rischio idrogeologico accresciuto per l’assenza di copertura vegetale sui terreni colpiti dagli incendi, quindi senza protezione da alluvioni ed erosione.

In realtà questa situazione non è nè nuova, nè imprevista: già nel 2014 l'Ipcc aveva confermato che il riscaldamento globale avrebbe aumentato l’intensità e la frequenza degli incendi in Australia, conclusione confermata più volte e riportata anche nel report Climate Change and Land pubblicato dall’IPCC lo scorso agosto.

Nell'ambito di questo scenario ambientale estremo in questi giorni si sta però combattendo su due fronti: si combatte non solo contro il fuoco ma anche per affermare le reali cause dei roghi, nell'ambito di una singolare campagna di disinformazione che sembra sia stata messa in atto per attribuire la maggior responsabilità degli incendi all'azione dei piromani.

Il sito di fact-checking Snopes riporta una serie di argomentazioni circa l'esagerato riferimento ai piromani condotto sui siti di estrema destra e di negazionismo climatico, peraltro ripreso da esponendi della destra americana tra cui il pessimo Presidente Trump:

Interessante anche la notizia del quotidiano inglese The Guardian circa uno studio condotto dal team del professor Timothy Graham (Università del Queensland), che ha denunciato l'esistenza di una azione di disinformazione circolata in rete e volta ad attribuire la responsabilità degli incendi in Australia ai piromani (che pure ci sono stati ed hanno avuto un ruolo non banale).

Nel suo studio Graham ha esaminato tutti i contenuti pubblicati su Twitter con l’hastag #ArsonEmergency tramite un tool di identificazione dei bot, identificando così una “campagna  orchestrata e condotta in rete con profili falsi e messaggi fuorvianti con il chiaro intento mettere in secondo piano il ruolo dei cambiamenti climatici e drammatizzare il ruolo di incendiari e piromani.

Secondo il Guardian: "La sua analisi ha rilevato che esiste una "campagna di disinformazione in corso" nell'hashtag #arsonemergency di Twitter a causa del 'numero sospettosamente elevato di account simili a bot e troll'.

Allo stesso modo ha trovato un gran numero di account sospetti che pubblicano sugli hashtag #australiafire e #bushfireaustralia".

Una situazione che però non deve purtroppo stupire considerata la strana posizione dell'Australia la quale, pur essendo fortemente interessata dal riscaldamento climatico, è anche il Paese con un Premier chiaramente negazionista climatico, un Paese che ha contribuito a sabotare la buona riuscita della recente COP 25 di Madrid, che basa una importante fetta della propria economia sulle miniere di carbone, che ha uno dei più alti coefficienti di emissione di carbonio procapite al mondo a causa del suo mix energetico basato su centrali elettriche a carbone.

E proprio il Premier Australiano Scott Morrison in questi giorni si è affrettato a negare il ruolo del riscaldamento climatico nella generazione di questi incendi, difendendo le politiche anti-climatiche del proprio Governo.

Intanto il tempo passa ed il rischio di superare la soglia dei + 2°C, definito alla COP 21 di Parigi come obiettivo di peggioramento massimo ammissibile, purtroppo aumenta.

Le immagini terribili provenienti dall’Australia, Nazione ricca e ben organizzata che oggi è sconvolta dagli impatti devastanti del riscaldamento climatica globale, possono essere prese come il simbolo di ciò che potrà succedere al mondo intero se la crisi climatica non sarà affrontata in maniera efficace e tempestiva: Greta Thunberg parla di "casa in fiamme", la metafora in questo caso australiano è purtroppo davvero azzeccata.

Lo Staff di Rete Clima

NOTA: per approfondimenti su cause ed effetti degli incendi in Australia è possibile consultare il post del collega Giorgio Vacchiano.