Disinformazione scientifica: “Mercanti di dubbi” per la negazione dei rischi ambientali (dal tabacco al cambiamento climatico)

Disinformazione scientifica: “Mercanti di dubbi” per la negazione dei rischi ambientali (dal tabacco al cambiamento climatico)

Che cos'hanno in comune il Ddt, le piogge acide, il buco dell'ozono, il tabacco ed il riscaldamento climatico globale?

Un rilevante livello di rischio per l'uomo e per l'ambiente (quindi, in definitiva, ancora per l'uomo) ed un processo di sistematica negazione a loro carico, in contrasto l'oggettività dei dati e delle certezze scientifiche, per favorire un modello economico liberista che non deve avere ostacoli o ripensamenti.

Questa, in sintesi, la denuncia che proviene dal libro "Merchants of Doubt" (letteralmente "Mercanti di dubbi"), secondo cui un gruppo di importanti scienziati americani ha lavorato continuativamente per anni (e tuttora lavora!) quali "professional science skeptics" per confondere l'opinione pubblica sui rischi per l'ambiente e la loro salute collegati a prodotti o processi ambientali (a loro volta oringinati dall'uso di particolari prodotti, come capita per il cambiamento climatico rispetto all'uso del petrolio).

Se pure ogni tanto qualcuno di loro si "converte" il pericolo è rilevante perchè creare confusione significa infatti portare all'"inazione": la cattiva comunicazione dei rischi ambientali ne altera infatti la percezione da parte delle persone, facendoli percepire come poco reali o di poca portata, portando ad un sostanziale svotamento di senso qualunque eventuale azione a loro contrasto messa in atto dalla società.........proprio perchè il problema non sembra sussistere!

Una operazione ben pianificata dato che, secondo gli autori statunitensi del libro (quali Naomi Oreskes ed Erik Conway): "I nostri scienziati hanno prodotto studi che sono un punto di riferimento sui pericoli del Ddt, sul fumo del tabacco, sulle piogge acide e il global warming. Ma allo stesso tempo, una piccola ma potente frazione di questa comunità è leader mondiale della negazione violenta di questi pericoli".

E così dal libro di scopre che un gruppo di importanti scienziati con forti colegamenti in alcune aree della politica negli ultimi 40 anni ha continuativamente realizzato campagne di disinformazione per negare conoscenze scientifiche assodate, pur contro l'evidenza dei fatti, e poter così ingannare i cittadini: un progetto inquientante e sistematico, di negazione della verità scientifica ".....che mostra come l'ideologia del fondamentalismo del libero mercato, aiutata da media troppo accondiscendenti, abbia distorto la comprensione da parte dell'opinione pubblica di alcune delle questioni più pressanti della nostra epoca".

Tra cui, appunto, il cambiamento climatico, troppo spesso erroneamente presentato come un fenomeno non certo o comunque controverso nelle sue dinamiche (si veda il finto scandalo creato ad arte del Climagate, in occasione della COP di Copenhagen 2009), ingigantito da ambientalisti faziosi (?!).

Nell'ambito della presentazione parigina della traduzione francese del libro, Naomi Oreskes (coautrice del libro e docente di Storia della scienza all'Università di California) ha parlato anche di cambiamento climatico, l'ultimo grande rischio ambientale sistematicamente negato, sostenendo che: "Oggi un esempio lampante è la semina di dubbi riguardo il global warming. Una campagna negazionista ha iniziato a prendere piede negli Usa poco prima del summit della Terra del 1992 ed è stato amplificato nella fase preparatoria dei negoziati per il Protocollo di Kyoto nel 1997. Non hanno bisogno di dimostrare di aver ragione. Non devono dimostrare che non c'è il riscaldamento globale, hanno semplicemente sollevato dubbi e domande, perché se possono sollevare dubbi e domande, poi possono dire: 'Beh, visto che la scienza non d'accordo', e 'quindi sarebbe prematuro agire su questo'. E così ritardare l'azione ed evitare il tipo di azioni che devono evitare. La tattica è stata un tale successo che il negazionismo climatico è ormai saldamente ancorato nelle alte sfere della politica degli Stati Uniti. I principali leader repubblicani dicono pubblicamene che credono che sia una bufala. Questo è uno stato delle cose molto scioccante, e in particolare da parte di un partito che una volta era considerato più scientifico e più ambientalista dei democratici".

E sempre in quella sede Oreskes diceva: "Gli scienziati si trovano ad affrontare una dura battaglia per avvertire l'opinione pubblica su questioni urgenti, a causa di dissidenti nei loro ranghi che seminano intenzionalmente incertezza. Questi oppositori, alcuni dei quali sono pagati da gruppi di interesse, hanno contribuito a minare l'azione si problemi vitali, nonostante l'evidenza della necessità di rispondere, fiaccano le convinzioni, mettendo in discussione i dati all'infinito, respingendo l'innovazione sperimentale, sottolineando le incertezze e chiedendo a gran voce ulteriori ricerche. Nel corso dell'ultimo mezzo secolo, hanno contribuito a indebolire l'azione legislativa o hanno frenato lo slancio politico su tabacco, piogge acide, la protezione dello strato di ozono e cambiamento climatico. Questa strategia è sia intelligente che efficace. Prendono qualcosa che è una parte essenziale della scienza, il sano scetticismo, la curiosità, e lo ribalta contro la stessa e lo rende corrosivo".

Ma qual'è l'origine di questo diabolico meccanismo di messa in discussione delle certezze scientifiche? Come ormai accettato, anche il libro lo identifica negli anni in cui le grandi multinazionali del tabacco hanno dovuto affrontare le prime prove evidenti che il fumo causa il cancro. Così come anche riportato nel capitolo del libro dedicato al tabacco, un promemoria interno della Brown & Williamson Tobacco Corp (datato 1969 ed attualmente conservato nell'US public archive) diceva: "Il dubbio è il nostro prodotto, dal momento che è il modo migliore di competere con il 'body of fact' che esiste nella mente dell'opinione pubblica in generale. E' anche il mezzo per creare polemiche".

E la causa? E' il denaro? Secondo la Oreskes non è neppure detto che la causa sia questa, dal momento che "Alcuni di loro ottengono denaro, sia direttamente attraverso l'industria dei combustibili fossili o indirettamente tramite intermediari. Ma in realtà non penso che il denaro sia a motivazione primaria. Penso che sia politica, ideologica, è il desiderio di attirare l'attenzione che qualche volta è troppo narcisistico. Per l'ambiente scientifico, molti di questi dissidenti a tempo pieno sono perditempo o intellettualmente privi di valore. Queste persone non lavorano, non raccolgono i dati. Invece sanno solo criticare il lavoro altrui. E poi, quando fanno queste critiche, non le portano alla comunità scientifica per esaminarle. Le pubblicano sul The Wall Street Journal, che non è una rivista scientifica".

Gli strumenti effettivamente utilizzati per le campagne erano e sono i mass media che sono di parte o, secondo Oreskes, sono in buona fede pensando sia equilibrato dare pari peso a tesi scientifiche opposte, anche nel caso in cui una teoria sia sostenuta sostenuta solo da una piccola minoranza che caparbiamente porta avanti tesi irragionevoli e non fondate.

Cosa resta da fare? Informare, diffondere dati, presentare studi, comunicare la scienza che ormai da anni è certa circa l'esistenza del cambiamento climatico e la sua causa antropica.

Per interrompere quel mix di falsa scienza, negazionismo e disinformazione che ha oscurato la verità a partire dal tabacco fino ad arrivare al cambiamento climatico.

Noi ci proviamo, ma serve l'aiuto di tutti.

Lo Staff di Rete Clima®