Global Risks Report WEF: la crisi climatica è la minaccia più grave per la società (e per l’economia)

Global Risks Report WEF: la crisi climatica è la minaccia più grave per la società (e per l’economia)

I primi cinque pericoli che il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi dieci anni sono tutti di origine ambientale.

È questo quanto emerge dal Global Risks Report 2022, pubblicato annualmente dal World Economic Forum alla vigilia del tradizionale summit di Davos, che riunisce i rappresentanti di primo piano della politica e dell’economia mondiali.

Il Rapporto costituisce una delle pubblicazioni più significative sui rischi globali a medio-lungo termine: è basato sui risultati del Global Risks Perception Survey (GRPS), che raccoglie le opinioni di oltre 950 esperti di rischio e di leader del mondo degli affari, della politica e della società civile.

Agli intervistati è stato chiesto di identificare i rischi più gravi su scala globale nel corso dei prossimi 10 anni: al primo posto troviamo il fallimento delle azioni a tutela del clima, al secondo gli eventi estremi, al terzo la perdita di biodiversità.

Giusto per comprendere la gravità percepita relativamente ai rischi climatici, nonostante la pandemia in atto le malattie infettive si collocano solo al sesto posto di questa graduatoria.

In un periodo di breve termine - cioè i prossimi 2 anni - il rapporto classifica gli eventi estremi come primo rischio globale, seguito dalla crisi dei mezzi di sussistenza causata dalla pandemia e dalla mancanza di azione nei confronti della crisi climatica.

Passando alle previsioni a lungo termine (2027 – 2032), oltre ai primi due già citati, troviamo altri tre rischi relativi all’ambiente, comunque strettamente collegati al riscaldamento climatico: si tratta, in particolare, della perdita di biodiversità, la crisi delle risorse naturali e i danni all’ambiente causati dalle attività umane.

Global Risks Report: il fallimento dell’azione per il clima

Il fallimento dell'azione climatica è considerato la minaccia più critica per il mondo sia a medio che a lungo termine, con il più alto potenziale di danneggiare gravemente la società, l’economia e il pianeta.

L’azione climatica è avvertita come necessaria e soprattutto urgente: la finestra utile è stretta (si parla di 12-18 mesi); poi agire costerà molto di più, sia da un punto di vista economico che sociale.

Il World Economic Forum dà un giudizio positivo sui risultati della COP26 di Glasgow, soprattutto relativamente ai nuovi NDCs sottomessi dai Paesi, all’accordo sul Paris Rulebook e l’articolo 6 e all’alleanza GFANZ.

Esattamente come si raccontava anche su questo sito, il rapporto sottolinea però che gli impegni assunti a COP26 non sono ancora sufficienti a limitare il riscaldamento globale a +1,5°C: le proiezioni indicano infatti un aumento medio di temperatura di +2,4°C entro fine secolo, con uno scenario più ottimistico a +1,8°C.

global risks report

Il problema non è solo ambientale e climatico, ma anche economico: la mancanza totale di azione climatica potrebbe causare al 2050 perdite tra il 4% e il 18% del PIL globale, con impatti diversi a seconda delle regioni (fonte: Swiss Re Institute).

Gli Eventi Estremi

Al secondo posto nella classifica dei rischi troviamo gli eventi meteorologici estremi, la cui frequenza e intensità sta aumentando a causa dei cambiamenti climatici, come confermano i dati relativi al 2021 pubblicati proprio in questi giorni da Copernicus, NOAA e Munich RE.

Nel 2021 gli eventi estremi hanno colpito ogni parte del pianeta: dalla siccità estrema in Canada, nell’Ovest degli USA e nella regione mediterranea, alle ondate di gelo in Texas, le inondazioni in Germania e Belgio, l’uragano Ida e i tornado negli Stati Uniti. Eventi estremi che, oltre a provocare perdite di vite umane, hanno causato danni economici per 280 miliardi di dollari, di cui solo 120 assicurati.

global risks report
Crediti: Munich Re

Global Risks Report: i rischi emergenti e la transizione net-zero “disordinata”

Ogni anno il rapporto approfondisce anche i cosiddetti rischi emergenti, ovvero quelli che iniziano ad affiorare nella percezione del rischio e richiedono un coordinamento globale nella loro gestione.

Oltre a sicurezza informatica, concorrenza nel settore spaziale e pressioni migratorie, nel report di quest’anno compare anche il rischio di “transizione disordinata” verso emissioni nette zero al 2050, segnata cioè da politiche eterogenee a livello geografico e di settore che ostacolano la cooperazione. Una tale transizione avrebbe alti impatti economici e sociali, in termini ad esempio di sicurezza energetica, posti di lavoro e rischi geopolitici, rispetto ad una più “ordinata”.

Secondo gli autori del report, “il concetto di “transizione ordinata” sembra molto improbabile, data la portata dei cambiamenti tecnologici, economici e sociali necessari per la decarbonizzazione. […] Tutte le precedenti rivoluzioni industriali sono state disordinate e altamente distruttive. (Peter Giger, Group Chief Risk Officer di Zurich Insurance Group).

global risks report
Crediti: IRENA

Dunque, a cosa è chiamato il mondo delle imprese?

Dal punto di vista aziendale, è meglio presumere che la transizione sarà disordinata”.  

Ciò dovrebbe spronare i leader aziendali a guidare la transizione e non subirla passivamente, anticipando i cambiamenti in modo da agguantare le opportunità di un simile passaggio ed evitarne gli impatti.

“Aspettarsi che i governi mettano a sistema le giuste politiche in modo tempestivo è un pericoloso waiting game”. […] È meglio prendere esempio dalle transizioni precedenti. Ad esempio, gli sconfitti della transizione digitale hanno aspettato che il cambiamento li impattasse, piuttosto che guidare essi stessi il cambiamento […]. I leader devono adattare o addirittura trasformare il loro business per divenire parte del futuro “net-zero”.

La transizione verso il net zero offre infatti anche grandi opportunità: ad esempio, secondo dati IRENA riportati dal report WEF, entro il 2050 ben 42 milioni di persone potrebbero essere impiegate nelle energie rinnovabili, rispetto agli 11 milioni impiegati nel 2018.

Il rischio di una transizione disordinata, in ogni caso, non può essere usato come scusa per non agire. Il costo dell’inazione è comunque maggiore e più si attende, più sarà probabile una transizione disordinata. Agire in modo tempestivo potrà rendere la transizione meno caotica e meno sconvolgente, attenuando gli impatti economici e sociali.

Il report completo è consultabile a questo link .

PV ed ET per Rete Clima


Leggi anche:

Rischi climatici: i grandi assenti nei Bilanci aziendali

Il costo degli eventi meteoclimatici estremi in Europa: l’Italia è fra i peggiori

Il cambiamento climatico è causa dei fenomeni meteorologici estremi