The Guardian vs Verra sui crediti di carbonio REDD+: qualche riflessione a freddo, fuori dal frastuono della polemica

The Guardian vs Verra sui crediti di carbonio REDD+: qualche riflessione a freddo, fuori dal frastuono della polemica

I crediti di carbonio sono una truffa?

Lo scorso 18 gennaio 2023 il noto quotidiano britannico The Guardian ha pubblicato un articolo, basato su un report della testata tedesca Die Zeit, che è poi stato ripreso da molte altre testate giornalistiche in vari Paesi: l'articolo accusa pesantemente il sistema dei crediti di carbonio generati da progetti REDD+ (Reducing emissions from deforestation and forest degradation) certificati secondo lo standard internazionale VERRA.

L'articolo ha provocato reazioni di sfiducia e sconforto anche in Italia, con prese di posizione però talvolta discutibili e poco approfondite.

Per quanto Rete Clima possa apprezzare il giornalismo d’inchiesta ed incoraggiare il ruolo attivo della società civile nei confronti di temi cruciali per il nostro futuro su questo pianeta, crediamo sia doveroso provare a portare qualche riflessione preliminare su un tema tanto complesso come quello dei crediti di carbonio (carbon credits), con particolare riferimento al sistema REDD+ oggetto dell'attacco.

Il nostro tentativo è quello di iniziare a fare maggior chiarezza su una questione complessa ma di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi climatici internazionalmente condivisi, per la tutela degli habitat naturali e della biodiversità, per la promozione sociale delle popolazioni in Paesi in Via di Sviluppo, quale appunto quella dei crediti di carbonio legati al sistema di conservazione forestale REDD+.

Crediti di carbonio VCS da progetti REDD+: una valutazione preliminare su quanto accaduto

I progetti REDD+, come già detto acronimo dell'inglese Reduction of Emissions from Deforestation and Forest Degradation, sono progetti NBS (Nature Based Solutions) orientati alla conservazione e tutela delle foreste da degrado ambientale e da deforestazione antropica: i carbon credits di questi progetti sono calcolati a partire da situazioni stimate di possibile peggioramento e di degrado forestale, che vengono appunto prevenute grazie alle azioni del progetto, i cui crediti di carbonio ("avoidance") sono poi certificati (unicamente) secondo utilizzo di standard Verra.

L’articolo in questione fonda le sue ragioni su tre pubblicazioni scientifiche ("Overstated carbon emission reductions from voluntary REDD+ projects in the Brazilian Amazon", West et al. 2020; "Action needed to make carbon offsets from tropical forest conservation work for climate change mitigation", West et al. 2023; "A global evaluation of the effectiveness of voluntary REDD+ projects at reducing deforestation and degradation in the moist tropics", Guizar Coutiño et al. 2022) che, proponendo un approccio diverso rispetto all’ormai consolidata metodologia VERRA rispetto il calcolo della baseline modellistica, ottengono dei risultati apparentemente allarmanti che inducono The Guardian ad una affermazione decisamente molto forte, quale: “Oltre il 90% dei carbon offset derivanti da conservazione forestale sono inconsistenti”.

Proviamo dunque a rispondere alla domanda che in molti si sono posti (e che in pochissimi si sono però purtroppo preoccupati di indagare): com’è possibile che i risultati riportati da The Guardian si discostino in modo così significativo rispetto a quelli certificati da VERRA?

Al netto di ipotesi di deliberata sovrastima introdotte nell'articolo di The Guardian, la risposta risiede nel tipo di approccio metodologico utilizzato per il calcolo della baseline e di altri aspetti ad essa collegati.

crediti carbonio carbon credit

Prima di entrare nel merito crediamo sia importante fare due premesse:

  1. i progetti REDD+ si basano su un modello controfattuale: trattandosi di interventi di prevenzione contro la deforestazione, l’obiettivo del modello è quello di quantificare le emissioni evitate rispetto allo scenario teorico che si sarebbe verificato in assenza del progetto;
  2. questa tipologia di modello di calcolo, per sua natura, non può essere immune da critiche ed interpretazioni essendo, appunto, frutto di ipotesi ragionevoli.

Nel tentativo di spiegare le ragioni che hanno portato a queste conclusioni divergenti, per questioni di semplicità nel prosieguo ci concentreremo solo sullo studio di West et al. 2020 che propone un approccio incentrato interamente sul metodo del “controllo sintetico[1], che si compone delle seguenti fasi:

  • si costruiscono i controlli sintetici basati su combinazioni ponderate di aree geografiche con caratteristiche biofisiche ed accessibilità simili a quelle in oggetto,
  • si valuta se la presenza dei progetti REDD+ abbia causato una maggior deforestazione rispetto alla deforestazione rappresentata dai controlli sintetici (test addizionalità),
  • si valuta la robustezza dei risultati con dei test placebo[2],
  • si esaminano le perdite di foreste nelle buffer zone limitrofe (test leakage),
  • si confrontano i risultati con quelli ottenuti da VERRA.

A questo approccio si contrappone quello di VERRA che invece affronta la questione considerando le aree geografiche reali e gli specifici drivers di deforestazione, non applicando combinazioni statistiche di aree simili.

Questa scelta è legata al fatto che ogni progetto ha delle caratteristiche uniche e che difficilmente possono essere replicate tramite un approccio statistico comparativo.

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Sono però gli stessi autori dell'articolo in analisi a riconoscere i limiti della loro ricerca.

Riportiamo a seguito le loro testuali parole:

“Evidenziamo alcuni avvertimenti sulla nostra analisi. In primo luogo, basiamo la nostra valutazione sui confini del progetto definiti dai poligoni disponibili dal database del progetto VCS, che sono leggermente più grandi delle aree ufficialmente riportate dai proponenti del progetto (Appendice SI, Tabella S2). La maggior parte di questi poligoni corrisponde a proprietà rurali amazzoniche registrate nel Registro ambientale rurale brasiliano (CAR), i cui proprietari sono legalmente autorizzati a disboscare fino al 20% della loro area forestale.

In secondo luogo, i nostri controlli sintetici non corrispondono perfettamente alle aree del progetto REDD+ in termini di dimensioni, accessibilità e caratteristiche biofisiche. In particolare, il controllo sintetico per Agrocortex è solo il 61% delle dimensioni dell'area del progetto (Appendice SI, Tabelle A1 e A2). Sebbene la deforestazione storica sia simile nelle aree di controllo sintetico e nelle aree di progetto, esiste chiaramente il potenziale per una maggiore deforestazione nelle aree di progetto più grandi che nei loro controlli sintetici più piccoli.

In terzo luogo, la costruzione dei nostri controlli sintetici potrebbe non aver incluso tutti i determinanti strutturali rilevanti della deforestazione. Infine, il periodo di analisi potrebbe non essere stato abbastanza lungo per osservare in alcuni casi impatti REDD+ significativi.”

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Ma quindi, chi ha ragione?

Sembra paradossale da dire, ma allo stesso tempo hanno ragione entrambi e nessuno.

Questo perché ogni metodologia tecnica ha propri punti di forza e debolezza, la sfida è quella di lavorare continuamente al perfezionamento dei modelli di calcolo e delle assunzioni, con l’obiettivo di riuscire a rappresentare nel modo più attendibile i benefici generati dal progetto.

Prendendo come riferimento la metodologia REDD+ dello standard VERRA, sono infatti numerose le attività di sviluppo che sono in corso di valutazione, di cui a seguito presentiamo solo le principali:

  • riduzione del periodo di monitoraggio e verifica da 10 anni a 6 anni così da poter meglio rappresentare i cambiamenti di contesto legati agli scenari politici, sociali ed economici;
  • raggruppamento di tutti i progetti REDD+ sotto un'unica metodologia che utilizzerà dati di riferimento assegnati a livello giurisdizionale per garantire la coerenza delle riduzioni delle emissioni all'interno di una determinata regione.
  • sperimentare nuovi modelli socio-naturali combinati, come è stato fatto nel caso Suruí, per esplorare e quantificare i potenziali rischi sui mezzi di sussistenza locali e sulla biodiversità.

Come trasformare questa polemica in un momento costruttivo?

Se da un lato è vero che questi nuovi studi forniscono un punto di vista diverso e rappresentano un utile contributo al lavoro di ottimizzazione delle metodologie per i progetti forestali, così come riconosciuto direttamente da VERRA nella sua risposta, le asserzioni fatte da Die Zeit e The Guardian generano un atmosfera di sfiducia verso l’intero sistema dei carbon offset e i progetti di conservazione e tutela di habitat naturali.

Un sistema che, non dimentichiamolo, ha in primis il ruolo di veicolare fondi privati verso lo sviluppo di progetti di conservazione forestale come azione di mitigazione climatica tramite l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera e la sua permanenza, ma anche alla conservazione della biodiversità ed al miglioramento della qualità della vita delle persone che ricavano dalle foreste cibo, riparo e reddito di sussistenza.

Dall'attacco del Guardian sono stati peraltro esclusi i crediti di carbonio generati progetti energetici finalizzati alla diffusione di impianti di generazione di energia pulita e di impianti di trasformazione energetica basate su biomasse o su cicli efficienti: si tratta di progetti presenti anche dentro Gold Standard, l’altro grande sistema certificativo dei crediti di carbonio operante a livello globale.

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Ritornando agli ecosistemi da tutelare, questa occasione ci è utile per ricordare che la FAO stima che, tra il 1990 e il 2020, 420 milioni di ettari, un’area addirittura più grande dell’intera Europa, sono stati convertiti in altri usi del suolo: le attività di REDD+ rimangono pertanto uno degli strumenti che può sicuramente ed efficacemente contribuire al contrasto alla deforestazione.

Una riflessione non tecnica sui crediti di carbonio

A partire da quanto introdotto superiormente, vogliamo portare qualche riflessione su quanto successo in questi ultimi giorni sui media e sui social in risposta all’attacco del Guardian al sistema Verra, di cui solo il tempo mostrerà eventuali motivi più profondi oltre il solo aspetto tecnico.

La nostra prima riflessione è che la notizia è stata approcciata anche da numerosi soggetti italiani in forma a dir poco semplicistica, o poco approfondita, o addirittura strumentale.

Abbiamo visto post di soggetti che realizzano (discutibili) progetti forestali in Italia attaccare il sistema internazionale Verra perché – a loro dire - tecnicamente non solido e non tracciabile, a differenza di quanto capita con i loro progetti nazionali. Rete Clima realizza da oltre un decennio progetti forestali in Italia, crediamo nel valore dei buoni progetti italiani, ma il punto non è "mettere un progetto contro l'altro" quanto invece capire cosa c'è di buono in una progettualità e cosa in un'altra.

Abbiamo visto commenti di soggetti che realizzano progetti forestali internazionali senza certificazione portare acqua al mulino della “non certificazione” perché tanto inutile, o addirittura fallace o falsa.

Abbiamo visto “esperti” avventurarsi in previsioni di crollo di questo meccanismo di carbon credits basati sulla conservazione forestale e sulla prevenzione della degradazione, meccanismo che l’altro grande standard certificativo globale (Gold Standard) peraltro non ha.

Abbiamo purtroppo visto tanta confusione, che non aiuta a capire punti forza e debolezza di un sistema che sicuramente non è perfetto e migliorabile, ma che ha oggettivi punti di positività.

Insomma, ci è capitato di vedere anche spettacoli non particolarmente edificanti che - questi sì - hanno la responsabilità di criticare in maniera non competente uno dei due più grandi sistemi di certificazione internazionale di carbon credits, che ha la possibilità di contribuire attivamente ai processi di tutela della biodiversità e della mitigazione climatica, oggi sempre più vitali.

Spettacoli spiacevoli e non utili, che rischiano appunto di crocifiggere - o comunque di mettere in forte dubbio - l’intero sistema della conservazione forestale, che in alcune aree del mondo dipende in forma essenziale e vitale da contributi economici esteri: contributi che, l'abbiamo visto anche nella storia recente, possono aiutare a contrastare politiche folli messe in atto dai governi locali (la recente storia brasiliana ci ha ben mostrato gli effetti di politiche anti-forestali).

Oltre queste parole, cosa fa concretamente Rete Clima su temi così importanti?

Questa riflessione, seppure preliminare e da approfondire, ci è sembrata essenziale da farsi in tempi relativamente brevi rispetto all'uscita della notizia: da farsi però “a freddo”, perchè serve sempre riflettere ed approfondire prima di affrontare temi così importanti, per rispetto ad un sistema di progetti di tutela ambientale certificati che sono orientati alla tutela della biodiversità ed alla mitigazione climatica.

Progetti che hanno sicuramente un grande valore perchè, oltre a generare crediti di carbonio, riescono a rispondere ad una serie di SDGs (Sustainable Development Goals) normalmente numerosi e significativi.

È però evidente come questa riflessione preliminare sia stata realizzata anche per rispetto a noi stessi ed al lavoro che facciamo dentro la nostra Rete, che crediamo essere un soggetto "autorizzato" a poter prendere una simile posizione in materia dal momento che da molti anni si è concretamente sporcata le mani dentro questi progetti ambientali, con serietà e competenza tecnica.

La Rete infatti porta avanti un impegno strutturato ed ormai più che decennale di sostegno a progetti nazionali ed internazionali, soluzioni che in alcuni casi possono anche generare crediti di carbonio, con il fine di contribuire a decarbonizzare l’impronta climatica delle attività antropiche e di riqualificare habitat nel territorio italiano.

È peraltro proprio su questo approccio integrato e ragionato tra progetti internazionali e nazionali che si basa il nostro Programma Climate Plus, lanciato a fine 2022 al fine di rispondere a questi importanti obiettivi di decarbonizzazione e di miglioramento/tutela del capitale naturale italiano.

Il Programma, a seguito del carbon assessment delle Organizzazioni e della definizione-attuazione del piano di riduzione emissiva, per la parte di carbon offset si rivolge a crediti di carbonio certificati secondo i migliori standard internazionali, standard di cui ci fidiamo, mentre per la parte nazionale si basa sulla Campagna Foresta Italia.

Infatti, proprio in una logica di integrare progetti internazionali di tutela ambientale a progetti nazionali, nella primavera del 2022 abbiamo lanciato la Campagna nazionale Foresta Italia che esprime e formalizza la decennale esperienza progettuale di Rete Clima a favore delle foreste nazionali.

Una Campagna che sviluppa progetti di CSR e di sostenibilità, orientati alla tutela ed allo sviluppo delle foreste italiane che sono parte importante del nostro capitale naturale.

Crediamo infatti sia tempo di riuscire ad essere sempre più efficaci nella progettazione, nella realizzazione e nella cura dei progetti di forestazione urbana ed extraurbana anche e soprattutto in Italia, ma anche nella tutela delle foreste nazionali esistenti e nella certificazione forestale secondo standard PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification), finalizzata ad una loro gestione sostenibile.

Crediamo altresì nell'importanza della ricostituzione del capitale naturale distrutto a causa di catastrofi naturali, per questo abbiamo attivato progetti di riforestazione nel Parco delle Madonie in Sicilia o nelle aree del Veneto e del Trentino - Alto Adige interessate dalla tempesta Vaia, ma crediamo anche nel valore di progetti di piantagione in aree urbane ed extraurbane nazionali.

Conclusioni

A nostro giudizio il report di Die Zeit e l'articolo di The Guardian introduce il tema importante della tracciabilità dei progetti ambientali e del rigore necessario per certificare i crediti di carbonio, probabilmente però non è stato in grado di stimolare un adeguato dibattito in materia.

La risposta massiccia che abbiamo visto rispetto al tema dell'articolo mostra che c'è interesse verso i crediti di carbonio e verso i progetti di tutela ambientali ma, come ovvio, serve che temi così importanti vengano trattati in modo adeguato.

Secondo noi, infatti, parlare di crediti di carbonio significa trattare di un tema grande ed importante, caratterizzato però da una significativa complessità a livello modellistico, operativo, certificativo, di monitoraggio, di mercato: un tema che merita di essere affrontato con completezza, competenza, esperienza, metodo ed onestà intellettuale.

Fare in modo diverso, lo vogliamo dire con chiarezza, semplicemente non è serio.

PV e SC

[1] Metodo statistico utilizzato per valutare l'effetto di un intervento in casi di studio comparativi.

[2] Un test placebo applica un modello di identificazione in un contesto in cui non ci aspettiamo alcun effetto: se si verifica un effetto, allora l'affidabilità del modello è discutibile.



AGGIORNAMENTI - ARTICOLI TECNICI E DIVULGATIVI

Qui il link alle risposte argomentate nostre e di Verra all'inchiesta di Die Zeit:

AGGIORNAMENTI - IL RATING DEI PROGETTI DI GENERAZIONE DEI CREDITI DI CARBONIO

Nel settembre 2023 Rete Clima ha lanciato, prima in Italia, un servizio di rating dei progetti di generazione di carbon credits: si tratta di un servizio che attribuisce un "punteggio di qualità" ai vari progetti di carbon offsetting, pur già certificati.

Sulla base di questo rating Rete Clima offre alle Aziende carbon credits generati da soli progetti di elevata solidità tecnica e comunicativa, evitando rischi di un'azione aziendale non efficace.

Per maggiori informazioni su questo nostro servizio, clicca sul banner a seguito:

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